«Resto in Forza Italia. Mi sembra quasi curioso doverlo dire. Stiamo lavorando in questi giorni perché da coordinatore provinciale di Forza Italia mi dovrò occupare di tante questioni». Antonio Pentangelo, deputato, ex sindaco e ex presidente della Provincia di Napoli, parla del suo ruolo nel partito e del futuro del movimento fondato da Berlusconi.
Onorevole, qualcuno dice che la crisi l’avete innescata voi.
«Partiamo dai numeri: noi abbiamo dato la fiducia a Draghi più di 150 volte, forse 155. Il nome del premier è venuto fuori perché proposto anche da Berlusconi. Siamo stati leali, senza se e senza ma, difendendo provvedimenti legati al Pnrr e comportandoci in modo serio e responsabile».
Quindi?
«Se però interpretiamo i comportamenti, era lo stesso Draghi a dire spesso e con forza che lui avrebbe governato solo con una maggioranza ampia e di unità nazionale. Senza uno degli attori non vi sarebbe stato un governo coerente. Immaginate se i Cinque Stelle avessero lasciato la maggioranza e noi avessimo votato a favore. Saremmo passati per poltronisti».
Quindi alla fine ha scelto Draghi, come ha sostenuto Berlusconi?
«Draghi voleva che non si sfilasse nessuno. Credo lo abbia detto chiaramente sia in pubblico sia negli incontri privati con i partiti che lo sostenevano. Per cui o tutti insieme o non se ne faceva niente. Era stato abbastanza palese che i Cinque Stelle, strumentalmente, volessero inseguire l’opposizione e avere le mani libere nell’ultimo periodo prima del voto. Abbastanza paradossale considerando che hanno governato dal primo giorno di questa legislatura. Ma erano arrivati alla fine in un imbuto e noi non abbiamo permesso, politicamente, che questo disegno si potesse realizzare. E poi le posso confessare una cosa?».
Cosa?
«In questi ultimi giorni abbiamo votato da martedì a ieri tutti insieme come maggioranza Draghi. Segno di qualcosa che si era costruito insieme e che, forse per motivi elettorali ma sicuramente non nostri, improvvisamente è saltato. L’altro giorno un parlamentare di Fdi lo ha fatto notare che votavamo insieme. Per questo le dico che Draghi è un premier di parola: non poteva fare finta di non vedere».
Non c’era nessun’altra strada? Siamo una democrazia parlamentare.
«Ma secondo lei perché Mattarella non ha dato mandati esplorativi al Presidente della Camera o del Senato come si fa di solito? Era d’accordo con Forza Italia? No, solo che non poteva fare altrimenti»
Qualcuno sostiene che una responsabilità sia anche in capo al Pd che nel momento critico ha provato a spostare l’asse della maggioranza verso un governo solo giallorosso.
«Ho sentito questa ipotesi, ma non m risulta direttamente. Qualche rumor è arrivato. Ma la speculazione politica non mi piace».
Molti nomi eccellenti del suo partito hanno lasciato. Qualche rimpianto?
«C’è un dispiacere umano. Gelmini, Brunetta, Carfagna, sono stati con noi dall’inizio. Condivido quello che ha detto Berlusconi in queste ore sul dolore personale e politico».
La sua candidatura è all’orizzonte?
«E’ chiaro che la riduzione del numero dei parlamentari, la difficoltà attualmente di dover fare una scelta per il partito tra tanti validi colleghi pone una serie di problemi. Sarei stupido se dicessi con sicumera: io sarò ricandidato. Facendo politica da una vita e con passione mi auguro che nelle scelte del partito che privilegeranno discorsi territoriali e di appartenenza spero di essere della partita e di impegnarmi in campagna elettorale. Ma questo lo può dire solo Berlusconi che darà la parola finale. Io mi auguro di si».