Sono 1.340 le persone che nel corso del 2021 hanno deciso di lasciare Castellammare e trasferirsi altrove. Una fuga dalla città mitigata solo in parte da nuovi arrivati, prevalentemente stranieri, che proprio l’anno scorso hanno cominciato a risiedere nella città stabiese abbassando il saldo migratorio a poco meno di 250 persone.
Numeri contenuti nel Documento Unico di Programmazione approvato dai commissari straordinari che si sono insediati a Castellammare dopo lo scioglimento del Comune per camorra. E che analizzati più in profondità raccontano di una emorragia di giovani che dura ormai da oltre un decennio e alla quale non si riesce a mettere un freno. Oltre la metà delle persone che hanno deciso di fare i bagagli sono under 30 e di questi poco più del 60 per cento ha salutato anche la Campania. Sono 62, infine, i ragazzi che si sono trasferiti all’estero. Per quanto riguarda chi è rimasto in Campania, magari trasferendosi anche solo di pochi chilometri, una delle cause principali è il caro fitti, che colpisce soprattutto le giovani coppie che magari non hanno la possibilità di comprare una casa. A Castellammare la media è di un canone di locazione è di 500 euro, un prezzo che sale se si vuole vivere al centro o magari vivere in un appartamento superiore ai 70 metri quadrati.
Per chi ha deciso di trasferirsi fuori dalla Campania o dall’Italia il problema è soprattutto di tipo occupazionale. Castellammare continua a veder chiudere i suoi stabilimenti industriali. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello della Meridbulloni, una vertenza occupazionale che ha interessato circa una ottantina di operai, per gran parte oggi divisi tra il Piemonte e il Friuli Venezia Giulia. Ma soprattutto è una città che non riesce a svoltare in modo deciso verso il turismo, oggi sorretto solo dall’extralberghiero.
Pochi gli hotel (appena 18) che garantiscono posti di lavoro, scarsa la valorizzazione delle risorse storiche, artistiche, culturali e naturali che potrebbero aprire notevoli spiragli nel settore dei servizi turistici. Questione atavica anche quella delle Terme di Stabia, chiuse ormai da un decennio, che potrebbero assorbire nuove professionalità. Bloccato lo sviluppo di quella che ad oggi è l’unica grande industria rimasta: Fincantieri.
Nel Dup approvato dai commissari straordinari si fa riferimento alle ingenti risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che potrebbero rimettere in moto l’economia cittadina.
Ma in una città che fatica a realizzare opere pubbliche ormai da 40 anni, anche per via dell’opprimente presenza della criminalità organizzata, si fa fatica a credere che i progetti saranno completati.
La speranza, in gran parte, è riposta nell’applicazione del Piano Urbanistico Comunale che potrebbe spingere i privati a far tornare a rendere produttivi i numerosi edifici dismessi che oggi ci sono soprattutto nella periferia a nord della città.