Napoli. La caciara è finita. Oggi si vota il primo parlamento dimezzato dal populismo, e a dire il vero c’è poco da stare tranquilli. Primo, perché meno onorevoli non significa più qualità. Secondo, perché se la campagna elettorale è stata il prologo, il futuro sarà da farsi le croci alla rovescia.
Mettiamola così: la proposta elettorale è oggettivamente scarsa. Le idee sono merce rara. I progetti spesso puzzano di muffa. Del resto, scivolando lungo il clinale della politica, sempre più accentuato negli ultimi decenni, non ci si può aspettare che il nuovo sia meglio del vecchio.
Il ventaglio caotico proposto nelle schede elettorali è imbarazzante, il contenuto dei programmi deludente in maniera trasversale. Così, adesso che la parola è passata agli elettori ci si rende conto che è davvero dura votare al culmine di un ragionamento serio e compiuto. E allora, più che un’impressione siamo davanti a una certezza: comunque si caschi si cascherà malissimo.
Quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza, che in Campania sono 605mila, non hanno alcun dubbio su chi mettere la croce. E ci mancherebbe altro. A loro si aggiungono i familiari, diciamo tre o anche quattro per ognuno dei percettori. Che sia giusto o meno il sussidio, che sia fallace o meno il sistema di distribuzione, è un’altra storia: la certezza è che una buona fetta di elettorato è già andato da un pezzo.
Chi è fuori dal sistema del reddito di cittadinanza e magari ne ha fin sopra i capelli di una realtà socio-economica che sembra sempre più compromessa dalla crisi, dall’inflazione e dalla criminalità, è spinto a tracciare la croce su un miraggio, aggrappandosi alla logica dell’uomo (o della donna) forte capace, pensa ingenuamente, di mettere ordine nel Paese.
Per gli incalliti sognatori che da sempre credono, o meglio sperano, nel riformismo, disillusi dalle svolte epocali, dai matrimoni tra partiti, dai portabandiera della questione morale, c’è solo la condanna del pastore errante, quella raccontata in versi da Giacomo Leopardi: il sognatore che invano interroga la luna sulla condizione umana e sull’incarico di governare il gregge. Che sogna di viaggiare, di volare via dal mondo, ma non può, tanto che alla fine l’essere nato gli sembra addirittura tragico.
Poi ci sono quelli che hanno deciso di issare la bandiera bianca dell’astensionismo, «tanto, comunque vada è sempre peggio». Ne sono tantissimi, tanto che anche la Chiesa è scesa in campo per spronarli. «Votiamo e facciamo il nostro dovere », ha detto il vescovo di Sorrento e Castellammare. Magari qualcuno ci ripenserà, per molti altri, invece, sarà semplicemente una domenica come tante altre. Anzi, più triste perché, bollettini meteo alla mano, non ci sarà sole e rischia di venir giù tanta pioggia. Niente urne, dunque, e niente gite fuori porta.
Sulla carta sono chiamati a votare 50,8 milioni di elettori, compresi i 4,7 milioni all’estero. Per la prima volta anche i diciottenni avranno due schede: Camera e Senato. A loro i partiti hanno parlato poco e male. «La politica è lontana da noi», hanno detto i ragazzi che abbiamo intervistato negli ultimi giorni da Vico a Pompei, da Castellammare a Torre del Greco. Come dagli torto.