Napoli. La Casa Museo “Enrico Caruso” ha aperto ieri, per la prima volta, le sue stanze al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) in occasione delle giornate dedicate al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese e alla presentazione di libri e progetti editoriali con il volume “Enrico Caruso. Il re scugnizzo della lirica”.
Il libro, incentrato sulla figura del più grande tenore di tutti i tempi è la seconda opera della collana TerraNostra edita da Citypress Metropolis (il quotidiano della provincia sud di Napoli) e segue la pubblicazione di un progetto editoriale dedicato alla nave scuola della Marina Militare Italiana, l’Amerigo Vespucci, varata a Castellammare di Stabia nel febbraio del 1931.
Il volume dedicato a Caruso che racchiude anche un 45 giri in vinile (realizzato in collaborazione con l’etichetta discografica SuonidelSud di Peppe Ponti) con due brani rimasterizzati, “‘O sole mio” e “Santa Lucia”, naturalmente interpretati dal grande artista partenopeo, è stato presentato al pubblico intervenuto dal direttore della “Casa Museo” il giornalista Gaetano Bonelli, fine ed appassionato collezionista di cimeli della storia cittadina e dal giornalista, scrittore e critico musicale Carmine Aymone che ha contribuito con alcuni suoi scritti e la riproposizione di una sua intervista al maestro Lucio Dalla (“Qui dove il mare luccica”) alla realizzazione di questo libro: un’opera collettiva ricca di immagini, fotografie d’epoca, chicche e racconti, che vede anche le firme di giornalisti e personaggi del mondo della cultura come Michelangelo Iossa, Ignazio Senatore, Bruno Aymone, Vincenzo Lamberti, Mariella Parmendola, Ciro Formisano oltre naturalmente a quella del direttore del giornale Metropolis Raffaele Schettino che ha anche curato il tutto e la prefazione di Luigi Vicinanza.
Le parole di Bonelli e di Aymone, intente a narrare storia, aneddoti, record della vita del grande tenore, sono riecheggiate tra le stanze dove un tempo un giovane bambino correva scalzo sognando di diventare un grande cantante, ricche di meraviglie e di cimeli, donazioni degli studiosi e storici Guido D’Onofrio e Luciano Pituello e altre concesse in comodato d’uso dal compianto Aldo Mancusi fondatore curatore dell’“Enrico Caruso Museum of America” di Brooklyn, New York.
Grammofoni, cartoline autografe, caricature realizzate dal grande artista e oggetti a lui appartenuti come un bastone da passeggio, i dischi originali, animano la casa natale di don Enrico che qui vi ha dimorato fino ai suoi sei anni, in via Santi Giovanni e Paolo 7 al primo piano, in zona Ottocalli, divenuta museo il 2 agosto scorso, nel centenario della sua morte. Casa diventata “Casa Museo” (mentre la città di Napoli attende ancora quella di Totò, dei De Filippo etc) grazie all’iniziativa, tutta privata, di tre appassionati: Armando Jossa, Raffaele Reale (proprietario dell’appartamento e presidente dell’Associazione Casa Museo di Enrico Caruso) e Gaetano Bonelli.
Caruso che da un sondaggio di un giornale di New York nel 1909 venne considerato più famoso dell’allora presidente degli Stati Uniti d’America Theodore Roosvelt, ha superato la soglia di mito divenendo leggenda, grazie al suo essere artista a 360° (caricaturista, scultore, poeta, compositore, testimonial di campagne pubblicitarie, filantropo …), prima grande pop star di ogni epoca, primo divo mondiale. Prima di Elvis, dei Beatles, di Michael Jackson, Enrico Caruso è stata una star planetaria, il primo cantante noto della storia a incidere la sua voce e a vendere più di un milione di copie, con l’aria «Vesti la giubba», dall’opera «Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo.