Giovanni Bellaviti è un architetto ed urbanista stabiese che da almeno trent’anni vive a Parigi. Allievo di Fuksas, uno dei più grandi architetti dell’età contemporanea, Bellaviti parla del progetto presentato e approvato da Città Metropolitana per il piano urbano di mobilità. Una rivoluzione green che avvicinerebbe la provincia di Napoli al modello delle città europee. «Il problema non è solo quello della complessità del tessuto urbanistico. Ciò che mi preoccupa di più è, invece, il tessuto burocratico e di quel sistema che coinvolge tutti passaggi necessari per approvare i piani. Immagino le lungaggini e le difficoltà. Anche perché, per esperienza, non ci sono tessuti urbanistici più facili o difficili di altri ma che le decisioni e le azioni non durino mesi e anni». L’architetto Bellaviti, che in passato ha anche lavorato in diverse realtà italiane ed europee, si rifà proprio a quelle esperienze. «Attraverso i progetti che hanno portato avanti molti colleghi ho sempre compreso che il problema fondamentale è la macchina amministrativa e di quella legata al sistema decisionale». Secondo l’architetto Bellaviti, inoltre, questo è un nodo che si evidenzia soprattutto nelle realtà meridionali. «Se pensiamo all’esperienza inglese, francese e tedesca o anche a quelle del nord Italia, ci rendiamo conto che in questi casi la macchina amministrativa pubblica procede spedita sui progetti urbanistici. Quando ci si sposta al Sud ci troviamo davanti a due difficoltà: una è il percorso burocratico di un progetto e l’altro è l’assenza di una capacità organizzativa per “montare” un progetto di urbanistica che richiede competenze non solo tecniche ma giuridiche ed economiche». E, sempre secondo Bellaviti, che ha lavorato ad importanti progetti proprio in Francia, queste rivoluzioni a volte rischiano di pagare un prezzo molto alto. «Io dico che sono argomenti che vanno trattati con lo stesso principio di precauzione con cui si trattano argomenti che riguardano l’ambiente. In molti centri urbani la chiusura alle auto ha spesso determinato anche un cambiamento sociologico della popolazione nei quartieri. Una “degentificazione” che ha visto la popolazione anziana andare in periferia. Perciò è necessario analizzare questo processo nella sua globalità e vedere gli aspetti sotto tutti i punti di vista. Non c’è solo l’urbanistica. L’obiettivo è vivere una città in cui si vive bene. Vanno analizzate anche le conseguenze: la nascita di centri storici dove i prezzi salgono e non ci si può abitare, dove i prezzi degli affitti diventano elevati. Nascono solo B&b e le piazze si svuotano. Lo spostamento della popolazione in periferia è comune a molte città europee. E bisognare fare i conti con questi effetti quando si studiano rivoluzioni del genere». Secondo l’urbanista allievo di Fuksas, dunque, non serve o non basta parlare solo di progetti. «Rischiamo, senza le opportune accortenze, di trasformare queste aree in città per ricchi e si perde una caratteristica: cioè la coesistenza di più attività e di più ceti sociali nello stesso quartiere che è un valore. Le operazioni in nome della sostenibilità ecologica se non bilanciate provocano situazioni di fuga dei più poveri. I piccoli commercianti sono costretti ad andare via, lasciando spazio solo ai turisti o alla popolazione agiata». @riproduzioneriservata
CRONACA
18 novembre 2022
Bellaviti, l’architetto allievo di Fuksas: “Rivoluzione green, l’ostacolo è la burocrazia”