Napoli. Secondo un report del 2022, circa 4 miliardi e mezzo di persone al mondo utilizzano i social network, ovvero il 59% della popolazione mondiale, un dato che aumenta al 63% se si allarga la statistica a chi utilizza Internet. Per fini lavorativi, scolastici, di intrattenimento, quello del web è un mondo che accoglie e accontenta tutti ma che nasconde anche delle insidie, specialmente per i meno avvezzi. Se da un lato il web ed i social media si fanno promotori di informazione e a volte anche conoscenza, dall’altro è fin troppo semplice ricadere in “post truffa” o articoli privi di fondamento reale. Con l’evoluzione digitale sempre più veloce, il processo divulgativo è di per sé inarrestabile ed incontenibile. Il lato ingannevole del web sforna di continuo fenomeni comunicativi in merito: basti pensare al termine anglofono “mis-information”, definito così dalla ricercatrice Claire Wardle nel suo intervento in materia di “Information disorder”, con cui si intende una particolare forma di disinformazione in cui la divulgazione stessa dei contenuti non veritieri non presuppone alcun intento malevolo. La misinformazione fa parte di uno dei tre sottoinsiemi specifici in cui il complesso fenomeno del Disordine Informativo può essere, secondo la stessa ricercatrice Wardle, suddiviso in: disinformazione, un’informazione di stampo volutamente fittizio che ha come scopo quello di trarre in inganno i singoli individui, le organizzazioni collettive o intere comunità; misinformazione, una variante informativa priva di attinenza al reale, diramata senza lo scopo intrinseco di rendere virale un contenuto falso; la malinformazione che consiste nella circolazione di informazioni basate su fatti realmente accaduti ma strumentalizzati ad hoc al fine di recare danno a persone, istituzioni o intere comunità. Tale distinzione è tanto sottile quanto articolata. E non è tutto. Secondo gli studiosi in materia, è possibile individuare sette modi diversi di fare disinformazione: il collegamento, il contenuto e il contesto ingannevole, la manipolazione della satira, il contenuto fuorviante, quello ingannatore e, infine, quello dato falso con certezza.
Una delle piaghe principali di questi anni, al centro di tante polemiche, è relativa alle cosiddette fake news che, in maniera diretta e indiretta, fanno parte di tutte le categorie precedenti. Fonti di cattiva informazione creata appositamente per ingannare gli utenti, notizie spesso false e fuorvianti, che attraverso i canali social vengono condivise ingenuamente da una moltitudine di persone tanto da esser ritenute attendibili. «Voce ‘e popolo, voce ‘e Dio», recita un vecchio detto napoletano, che indica come una notizia diffusa dai cittadini, seppur non confermata e priva di fonti, proprio per la sua ampia diffusione assuma una rilevanza talmente importante da diventare verità. Le statistiche indicano negli over 50 i principali utenti ad esser colpiti dalle fake news, ritenendole vere e condividendole a loro volta. I temi sono i più disparati, si va da quelli leggeri come lo sport e il gossip a quelli più importanti come la poli-tica e la salute, tanto da aver costretto i governi e le istituzioni, in piena pandemia, a pubblicare smentite costanti a riguardo. Alla base di tutto, ad avvalorare la disinformazione, e ad aiutarne la promozione, oltre alle tante condivisioni, c’è uno strumento comune che trascende quello che è il tema della notizia: la scrittura persuasiva. Un insieme di tecniche e strategie che permette all’autore del testo stesso di “veicolare” nella direzione prescelta l’attenzione del lettore. Tale strumento nasce e si evolve, soprattutto tra i social media, in materia pubblicitaria. Rendere accattivante un prodotto, uno slogan o un servizio è il quid che rende virale lo stesso contenuto. Allo stesso modo, un articolo disinformativo, una fake news, un contenuto ingannevole, se hanno alla base un copywriting persuasivo diventano facili tentatori dell’attenzioni degli utenti. Quindi, come ripararsi dalla tempesta di informazioni, come riconoscere una notizia quando è falsa? Per iniziare, bisogna informarsi e verificarla attraverso più fonti. Il secondo step, più difficile, è controllare l’affidabilità delle stesse, stando attenti a non incorrere in quelli che sono siti fasulli e creati appositamente per promuovere false informazioni, spesso in periodi di campagna elettorale, dinamica che torna prepotente ad ogni tornata come testimoniano le polemiche relative alle ultime presidenziali americane.
Un altro punto fondamentale è valutare la qualità della notizia e della sua fonte, in quanto l’attendibilità del parere di un esperto rispetto ad un dato argomento ha la precedenza sul commento di un’opinionista interrogato sul medesimo tema. Attraverso questi piccoli passaggi, possiamo proteggerci dalla diffusione e dai danni che provocano le fake news. A noi utenti la responsabilità di non cascare nelle trappole del web e a chi le semina il promemoria che le parole sono lo strumento più potente a nostra disposizione ed è doveroso pesarle con la giusta consapevolezza.