Luca Manzi ci apre le porte del suo laboratorio ed è subito magia. Il profumo del muschio, quello anisato della legna, quello dei pezzi di sughero, quello paglia ci avvolgono e ci spingono a guardarci attorno, curiosi di scorgere e raccontare ogni particolare dei presepi in lavorazione nella bottega che affaccia sulla strada statale che collega Gragnano a Pimonte e Agerola. La porta di legno si apre ai piedi di un palazzetto di due piani color avorio. Al primo piano c’è la pizzeria di famiglia, al secondo la sua abitazione.
Qui ogni cosa è preziosa nel laboratorio di Luca, gli acrilici, i fari caldi che illuminano i presepi in costruzione, i pennelli per ognuno dei colori da utilizzare, persino i materiali che ci sembrano dimenticati negli angoli. «Per costruire un presepe non si butta via nulla, tutto viene riciclato. E poi ci sono i bambini che vengono da me per chiedermi materiale di scarto per costruire i loro scogli in famiglia». A loro, così come a noi, Luca trasferisce tutte le emozioni di un’arte che custodisce e tramanda tradizioni e significati religiosi. Anche per questo, Luca è un punto di riferimento per la comunità di Gragnano.
«La cultura del presepe si tramanda di generazione in generazione, di padre in figlio. Io sono stato contagiato da mio padre, e lui dal suo. Costruire presepi significa coltivare i sani valori del Natale».
Luca racconta di quando da bambino era rapito dalle tecniche di lavorazione della sua bottega, dall’odore del sughero e da quello della colla che filava. «Ricordo ancora adesso il rumore sordo del martello sulla testa dei chiodi, già allora mi risuonava dentro l’anima e ha continuato a scandire la voglia di realizzare qualcosa di bello per il prossimo». Tutte queste sensazioni, Luca le conserva nel suo cuore e prova a trasmetterle attraverso le sue scenografie presepiali.
«Gli anni della mia infanzia e della mia giovinezza sono trascorsi nell’attesa di progettare sempre un presepe. E sono ritmi frenetici. Si comincia già da Agosto ad organizzare i nuovi lavori. Gli altri andavano in spiaggia, io ero accanto a mio nonno per creare le strutture portanti utilizzando reti di ferro riciclato dalle gabbie degli uccelli».
Giorno dopo giorno, ogni presepe viene su come un figlio. «Copriamo le strutture portanti con stracci impregnati d’acqua, ci attacchiamo sopra il sughero e poi si passa via via ai dettagli. Una volta si andava a cogliere il muschio perché il suo profumo naturale rendeva ogni opera più magica. Oggi è vietato farlo il muschio perché bisogna salvaguardare l’ecosistema, e sulle scenografie creiamo allora una miscela di segatura, colore e colla».
Adesso, nella bottega di Gragnano c’è anche il figlio di Luca: «Lui, come me con mio padre, vedendomi all’opera si è avvicinato all’arte presepiale stimolato dalla curiosità. E adesso sono certo che questa bottega continuerà a vivere di magia anche dopo di me».
Certo, il tempo passa, la società si evolve, le mode cambiano. Oggi i social scoppiano di tutorial che insegnano a realizzare il presepe, ma questo non scalfisce la tradizione. I turisti assaltano ancora San Gregorio Armeno, le famiglie acquistano ancora presepi artigianali, i clienti chiedono ancora pastori e statuine costruite dalle mani sapienti degli artigiani.
Luca ci mostra quelle che sembrano parlarci dalle grotte, dalle taverne e dai balconi dei suoi presepi: sono di terracotta, oppure hanno anime di fili di ferro e di canapa, sono adornati con vestiti cuciti a mano dalle sarte. Prendono vita di notte, sì perché Luca lavora spesso quando cala il buio.
«Mi piace lasciarmi avvolgere dal silenzio quando la pizzeria chiude e la notte diventa più fonda. Allora scendo in laboratorio, mi chiudo alle spalle la porta e respiro il profumo del Natale. Per me tutto ciò che che è inerente al presepe trasmette sensazioni ed emozioni uniche, risveglia la curiosità e aguzza l’ingegno. Accade a me, ma accade ad ogni singolo bambino».
E Luca, con i ragazzi, ci parla ogni volta che può. La preside della scuola elementare della città, Elena Cavaliere, ha voluto mettere in piedi un laboratorio presepiale in classe e lui insegna la magia. «Al termine di ogni corso gli alunni portano a casa un piccolo presepe e io la soddisfazione di aver trasferito loro quegli insegnamenti che ho appreso da mio nonno e da mio padre».
Ogni presepe è una storia a se. Ogni figura, ogni scorcio, ogni pastore ha un significato. Molti lo ignorano, tanti altri ne ricercano il senso.
«Il presepe cela infiniti significati religiosi, pagani ed esoterici. La taverna con salumi e formaggi che penzolano dalle travi di ferro, per esempio, simboleggia l’abbondanza. Il lucernario che brilla all’interno è la tentazione del diavolo, ci sono pastori che rappresentano il peccato». Tra le scene dorme Benino in abiti rustici adagiato sulla paglia tra vino, cibo e animali. Il presepe è di fatto il suo sogno e dorme perché se fosse sveglio svanirebbe tutta la magia. «Il mio dormiente simboleggia anche l’attesa della nascita di Cristo», dice Luca.
In effetti i significati di ogni figura o pastore s’intrecciano e si accavallano in base alle teorie, alle tradizioni e alle leggende. Luca, per esempio, piazza sempre una fontana, oppure un corso d’acqua, il cui scorrere «rimanda alla purificazione, rappresenta il passaggio dal male al bene il cui culmine è la natività stessa: Giuseppe, la Madonna e il Bambino affiancati da zampognari e Re Magi che portano doni a Cristo».
Attorno alla grotta illuminata dalla stella ogni cosa prende vita secondo la tradizione ma seguendo la casualità di un’ispirazione: «Io non parto mai da un progetto sul foglio, parto dalla grandezza dell’opera e poi poco alla volta costruisco il mio sogno. A quel punto ogni cosa condiziona la costruzione di un presepe. Persino il clima che influisce sul mio stato d’animo. Ogni cosa che mi racconta la notte finisce nell’opera: il freddo, il suono della pioggia, il fruscio del vento tra le foglie. C’è una sola cosa che non cambia mai davanti a un presepe che prende vita: è l’amore per il Natale, un sentimento che va coltivato e tramandato come fosse un tesoro».
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