Torre del Greco. Una premessa è d’obbligo: non si tratta di un sondaggio ufficiale bensì di una semplice «chiacchierata esplorativa» sulle intenzioni di voto dei cittadini a meno di cinque mesi dalla chiamata alle urne per scegliere il successore del sindaco Giovanni Palomba. Ma l’iniziativa promossa dall’emittente web Tele Torre sembra confermare le impressioni registrate all’ombra del Vesuvio nell’ultimo anno: al momento, Ciro Borriello – già alla guida di palazzo Baronale nel quinquennio 2007-2012 e poi tra giugno del 2014 e agosto del 2017 – resta in cima alla hit delle preferenze degli elettori con ampio margine di vantaggio su Luigi Mennella, il candidato del Pd sostenuto da dieci liste del centrosinistra.
Il campione
Le «regole» del sondaggio erano semplici: le telecamere di Tele Torre hanno raggiunto tre zone-chiave di Torre del Greco – il centro cittadino, il quartiere Sant’Antonio e Leopardi – e posto a tutti gli intervistati la fatidica domanda «se si votasse oggi, chi scegliereste come sindaco?». Cinque le opzioni sul «tavolo», sebbene al momento i candidati ufficiali siano solo Ciro Borriello e Luigi Mennella: accanto ai nomi già individuati da centrodestra e centrosinistra, era possibile scegliere tra Giovanni Palomba – il primo cittadino in carica, sorprendentemente arrivato alla fine del mandato iniziato con le elezioni del 2018, avvelenate dallo scandalo del voto di scambio – l’attuale delegato ai rifiuti Luigi Mele e il «soldato» Luigi Caldarola, l’ex esponente della maggioranza oggi a campo di un gruppo civico impegnato a costruire una «alternativa» alle coalizioni tradizionali.
I risultati
Su un totale di 53 potenziali elettori intervistati in strada – un campione decisamente non significativo, rispetto ai circa 40.000 aventi diritto al voto nella quarta città della Campania – 13 non si sono espressi sulle proprie intenzioni di primavera. Dei restanti 40 cittadini più del 50% ha puntato diritto su Ciro Borriello, sottolineando i risultati ottenuti dall’ex deputato di Forza Italia durante i due precedenti mandati: «È stato l’unico sindaco a fare qualcosa di buono per Torre del Greco», il «sentire comune» della gente. Dieci le «preferenze» per il vicepresidente della Gori scelto dal Pd per riconquistare il Comune dopo la breve parentesi dell’avvocato Gennaro Malinconico, l’ultimo sindaco di area centrosinistra all’ombra del Vesuvio. A quota 4 voti l’attuale delegato ai rifiuti Luigi Mele, a cui – al netto dei risultati sicuramente non all’altezza di un appalto da 50 milioni di euro – viene riconosciuto, almeno, l’impegno per provare a mantenere pulita la città. Dovrà, invece, lavorare sulla «popolarità» Luigi Caldarola: a dispetto degli otto anni trascorsi a palazzo Baronale come consigliere comunale, il soldato di via Lamaria resta (ancora) sconosciuto a una fetta di popolazione. A chiudere la classifica, verrebbe da dire inevitabilmente, l’attuale fascia tricolore: solo un potenziale elettorale ha avuto il coraggio di andare controcorrente e di puntare pubblicamente sul bis di Giovanni Palomba. Insomma, le 16.000 e passa preferenze incassate al primo turno del 2018 sembrano un lontano ricordo.
Le ombre sul voto
Durante il lungo giro tra i quartieri della città, le telecamere di Tele Torre hanno avuto la «fortuna» di fare tappa davanti al comitato elettorale di Valerio Ciavolino, fresco sostenitore con la sua lista civica della candidatura di Luigi Mennella. A differenza dei tifosi radunati fuori la sede di Torre Civica, l’erede del compianto Mario Auricchio – chissà cosa penserebbe della sua svolta a (centro)sinistra – non si è espresso sul voto. Ma, interpretando il consueto ruolo di profeta di sventure per Torre del Greco, l’ex sindaco di Forza Italia – reduce da sei disfatte elettorali dal 2003, tra comunali e regionali – ha allungato pericolose ombre sulla prossima corsa alle urne: «Siamo sicuri si voterà?» la provocatoria risposta riferita all’attacco hacker capace di paralizzare gli uffici comunali dallo scorso mese di novembre. I responsabili dei servizi elettorali dell’ente di largo Plebiscito assicurano di sì, ma i dubbi della «Cassandra della politica» all’ombra del Vesuvio restano. Per ora.
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