L’autonomia differenziata non è altro che il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a Regioni a statuto ordinario di un’autonomia legislativa su materie al momento di competenza condivisa con lo Stato o esclusiva dello Stato. Offrire alle Regioni maggiori poteri legislativi può apparire come un’opportunità, ma non è affatto così. Sono molto preoccupato, da sindaco di Gragnano, perché tra le materie previste dall’Autonomia differenziata ci sono ambiti e competenze molto delicate, come la sanità, l’istruzione, i trasporti, l’energia, su cui il divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud è ancora tutto da colmare e si rischia ora di scavare un vero e incolmabile fossato. Sono molto preoccupato anche come Segretario generale di Anci Campania, perché i Comuni sono stati completamente esclusi dal processo decisionale, saranno unicamente “sentiti”. Un vero e proprio schiaffo agli enti locali che sono il cardine della Nazione. L’autonomia differenziata avrebbe un minimo di senso se tutte le Regioni partissero dai medesimi standard di qualità e di efficienza nei settori e nei servizi sopra citati. Ma se non abbiamo un sistema adeguato, di qualità, nella sanità, nei trasporti, nell’edilizia scolastica, bisogna prima di tutto recuperare queste differenze tra Regioni del nord e Regioni del sud. Programmare prima gli standard, la precisa quantità di investimento e i dovuti impegni di spesa. La sottrazione del gettito fiscale alla redistribuzione su tutti i territori violerebbe da un lato il principio di solidarietà economica e sociale contenuto in Costituzione, andando a aumentare le disuguaglianze tra Nord e Sud, con un conseguente crollo sociale ed economico dei territori più svantaggiati, come la Campania, che potrebbe mettere facilmente in crisi l’intera Italia. D’altro canto contrasterebbe con i principi su cui si fonda il Pnrr: riqualificare e migliorare le condizioni in cui versa il sud del Paese e colmare i divari tra le aree più moderne e quelle più svantaggiate dell’Italia. Ma poi, mi chiedo: siamo davvero così sicuri che una Regione sia realmente in grado di fare meglio dello Stato nei settori dell’istruzione, dei trasporti o della sanità? Si sostiene che con l’istituzione di una Cabina di regia, prevista dal ddl Calderoli, si potranno stabilire i Livelli essenziali di prestazione (Lep) entro la fine del 2023. Finora lo Stato paga i servizi forniti agli enti locali in base a quanto era stato speso negli anni precedenti, così chi spendeva di più aveva di più nel criterio della “spesa storica”. Ora si vuole sostituire questo criterio con la “spesa standard”, ovvero creare uno standard di spesa nei costi dei servizi, definendo i Livelli essenziali di prestazione che vanno garantiti su tutto il territorio nazionale. Cosa che nei 20 anni trascorsi dall’approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 voluta dal centrosinistra, che ha introdotto l’autonomia, non è ancora stata fatta. Perché ci vogliono tanti soldi e criteri difficilissimi da stabilire, che dividerebbero il Paese in rapporti di conflittualità. I LEP non basta considerarli, bisogna definirli con precisione e soprattutto individuare le fonti di investimento per un importo stimato di circa 70 miliardi in personale e in infrastrutture, per consentire al Sud di arrivare ai livelli standard del Nord. Invece il ddl Calderoli prevede i Lep a spesa invariata: veramente assurdo! è inutile stabilire quanti ospedali occorrano, quanti tram, ferrovie, strade mancano in Campania se poi ti mancano i soldi per realizzarli. Lo hanno capito i governatori di Puglia e Campania, e i sindaci del Sud che si stanno battendo contro l’autonomia differenziata. Mi rammarica solo che molti nostri rappresentanti nel Parlamento non si dichiarino apertamente contrari a questo disegno di legge. A mio parere è necessario prima colmare i gap esistenti nei servizi essenziali e dare ai Comuni tutti gli strumenti per poter spendere bene le risorse a disposizione e i fondi del Pnrr. Poi se ne riparlerà.
CRONACA
21 maggio 2023
Nello D’Auria: «L’autonomia differenziata ha senso solo se si parte alla pari»