«Autonomia» e «differenziata» sono due parole che stridono. Fanno fatica a stare insieme. La prima è bellissima, mi ricorda la libertà di azione; la seconda, invece, si presta quasi automaticamente a molte accezioni negative. Qualcuno le ha rimesse una accanto all’altra in cima a un progetto divisivo per il Paese e ne ha fatto un dogma politico che sa di secessione mascherata.Questo qualcuno ha già partorito una legge elettorale che per sua stessa ammissione è una «porcata». Questo qualcuno ha mostrato in televisione una t-shirt anti-islam nel pieno di una guerra di religione. Questo qualcuno ha dato dell’orango a un ministro. Questo qualcuno, per finire, ha definito Napoli «una fogna da bonificare». Premesso, mal sopporto quelli che fanno della Questione Meridionale un motivo di autoflagellazione, ma basterebbero queste premesse a considerare cartastraccia l’idea di creare un Paese più debole, meno competitivo, più povero, spaccato in più pezzi che viaggiano a venti velocità diverse su 23 materie delicate e complesse. A partire dalla scuola, che poi è quel luogo nel quale dovremmo costruire il nostro futuro radioso.Il dramma, però, è che Roberto Calderoli non è l’unico responsabile di un progetto di legge che a tratti sembra incostituzionale e nel merito è addirittura l’opposto di ciò che servirebbe ad un Paese che ha la necessità di ritrovare la coesione sociale perduta.Il ministro della Lega è semplicemente l’omino che ha premuto il pulsante rosso. Prima di lui il progetto poteva essere discusso, fermato, magari migliorato, e invece è andato avanti, ha strisciando tra le scartoffie dei palazzi agevolato dall’ambiguità di una classe politica che per interessi, o più spesso per assoluta inconsistenza e incapacità, ha ormai smesso di condurre battaglie coraggiose e impopolari a difesa di principi e ideali, nell’interesse della collettività.Se oggi l’autonomia differenziata è qualcosa in più di un disegno strampalato appuntato su qualche notes del governo, se è un rischio concreto contro il quale siamo chiamati a lottare, non lo dobbiamo solo alla politica demagogica del centrodestra, ma anche alla debolezza e alla complicità del centrosinistra, Pd in testa. Una follia bipartisan. Dal governo Gentiloni al governo Meloni, passando per la doppia esperienza di Conte e quella di Draghi. Non a caso, oltre a Zaia e a Fontana piace impazzire Bonaccini, che l’ha chiesta per la sua Emilia, e ha affascinato persino De Luca. Qualcuno s’è fatto accecare da un improbabile interesse di cortile, qualche altro ha intravisto la possibilità di gestire più potere per accrescere il consenso, qualcun altro semplicemente non ha compreso i rischi. Non ha percepito la pericolosità di una legge fondata sui pilastri della disuguaglianza economica e sociale del Paese. Gli stessi media, colpevolmente, hanno relegato il tema nelle brevi in fondo alle pagine, e forse è per questo che la maggior parte dei cittadini continua a ignorare la gravità dell’autonomia differenziata e gli effetti drammatici che potrebbe avere sull’assetto economico e sociale del Paese.
CRONACA
27 maggio 2023
Autonomia differenziata, una follia bipartisan che sa di secessione