«Ognuno di noi ha una vita imperfetta, come delle montagne russe, capaci di arrivare a toccare dei punti alti ma anche di scendere e sfiorarne alcuni veramente bassi. Sui social tendiamo ad esporre sempre il meglio, ma bisogna tenere bene a mente che non è tutto oro quello che luccica. Il filtro è l’espressione massima della finzione, la realtà è come la vediamo, non come ci piace»
Remo Dello Ioio, psicologo, psicoterapeuta e analista transazionale certificato a livello internazionale , ci aiuterà a fare chiarezza sullo strano mondo social e sull’effetto, talvolta importante, che questo può avere su di noi e sulla società.
Quanto i social possono influenzare la nostra vita?
«La realtà clinica ma anche quella che riscontriamo nella vita di tutti i giorni ci mette davanti ad una cruda realtà, i social possono essere dannosi ed avere un’ influenza inimmaginabile , soprattutto negativa, per le personalità più fragili. Sappiamo tutti ormai che l’età media in cui si inizia a fare uso di queste tecnologie diventa sempre più bassa. I social network inizino ad essere usati da persone che non hanno ancora le abilità e gli strumenti cognitivi per affrontarli. Un bambino di 10 anni, per esempio, fa ancora fatica a distinguere la realtà dalla fantasia. Sarebbe giusto che i genitori fossero sempre presenti e vigili e che prestassero attenzione a tutto ciò che i loro figli leggono, guardano i scrivono su Internet, così da evitare anche i numerosissimi eventi spiacevoli che si stanno verificando da un po’ di tempo a questa parte».
È possibile non riconoscersi più se non con un filtro che modifica il nostro viso o il nostro corpo?
«È possibile che questa cosa accada, mi è capitato di vedere persone che cominciano ad identificarsi con delle altre perché convinte di avere un’immagine estetica inferiore rispetto a determinati standard stabiliti da una società, spesso tossica. Tutti usiamo dei filtri inconsapevolmente, anche la mattina quando ci vestiamo cercando di mettere la maglietta che ci fa stare meglio e con la quale ci sentiamo più comodi. Questo volendo è un filtro, la differenza sta nel fatto che in questo caso se ne fa un uso moderato finalizzato a risultare migliori per noi stessi. I problemi nascono quando noi applichiamo i filtri alla nostra immagine perché c’è qualche cosa che non ci piace o che non ci sembra accettabile da un punto di vista sociale».
Quali sono gli effetti che questo ha nella relazione con gli altri?
«Le relazioni interpersonali sono alla base di tutto per noi, è sarebbe quindi opportuno coltivarle giorno dopo giorno in maniera sana. Di recente si è visto che c’è una differenza di genere su come vengono usati i filtri. I maschi cercano di fotografarsi dal basso verso l’alto perché è socialmente accettabile riconoscersi nel prototipo stereotipato secondo cui gli uomini debbano essere alti e grossi. Invece le ragazze, oltre ad usare più i filtri, tendono a farsi foto dall’alto al basso perché non ne sentono il bisogno come i ragazzi. Al contrario, cercano di fare foto in base a prospettive che le rendono snelle e proporzionate. Questo spiega quanto siamo influenzati, non solo dai social, ma dall’immagine che gli altri potrebbero avere di noi dopo aver visto le foto sul web».
E cosa accade per le relazioni?
«Rispetto alle relazioni si va incontro a diversi tipi di problemi, dai più gravi a quelli meno dannosi. Spesso accade che i ragazzi tendano a non uscire perchè non sono abbastanza sicuri del loro aspetto e si sentono un po’ frustrati perché non riescono ad essere come vorrebbero. È un circolo vizioso. E difficile che le persone con una grande autostima si lascino influenzare dalle regole dei social, invece, chi ha un livello di autostima già basso si adatterà a degli standard non veritieri e sarà solo più infelice. Bisogna ricordare che i social non mostrano la vita reale, si deve far attenzione».
Le è mai capitato di avere a che fare con un problema del genere con uno dei suoi pazienti? «Direttamente no, nel senso che non mi è mai capitato di affrontare proprio la tematica dei social e dei filtri ma mi è capitato, soprattutto dopo la pandemia, di trovare molte persone insicure che magari faticavano a riprendere la vita sociale o ad uscire di nuovo di casa. È probabile che questo sia successo a causa del lockdown, un periodo devastante dal punto di vista della psiche soprattutto dei giovani e lo abbiamo affrontato con i cellulari sempre vicini perché era l’unica via di comunicazione. Il tempo a disposizione erano tanto, eravamo chiusi in casa e c’è chi si è allenato guardano video su YouTube, chi si è improvvisato chef vedendo tutorial ed è stato inevitabile usare molto di più Internet ed i social network. Le persone più fragili si sono bloccate in questo limbo e soprattutto molti giovani non hanno più avuto modo, se non con la terapia, di ritrovare un nuovo equilibrio. È stato difficile un po’ per tutti tornare alla “normalità”, uscire liberamente di nuovo, andare a feste, essere a contatto con persone ma soprattutto essere liberi senza restrizioni».
Sara Apuzzo – Chiara D’Orsi