Torre del Greco. «La sentenza del tribunale di Torre Annunziata chiude una delle pagine più brutte e dolorose della mia vita». C’è la soddisfazione di avere finalmente dimostrato la propria innocenza nella voce di Michele Langella, attualmente consigliere comunale di Forza Italia a palazzo Baronale.
Ma c’è anche l’amarezza di avere dovuto attendere 10 anni per cancellare l’accusa di riciclaggio – relativa a un versamento di 3.000 euro sulla propria PostePay per incassare i soldi di una vincita on-line di un amico sprovvisto di strumenti finanziari elettronici – e il «marchio» di impresentabile appiccicato sulla sua schiena proprio alla vigilia delle elezioni regionali del 2020, a cui il paladino delle periferie si candidò con la lista «Più Campania in Europa» a sostegno di Vincenzo De Luca.
«Sono stati anni duri e difficili. Per 10 anni ho proclamato la mia innocenza in tutte le sedi giudiziarie – ricorda Michele Langella – e per 10 anni sono stato messo alla gogna mediatica da politici pronti a sostituirsi ai magistrati senza accertarsi della veridicità dei fatti».
L’inchiesta e il suo nome vennero fuori dalla commissione antimafia presieduta all’epoca dal grillino Nicola Morra, impegnata a fare le pulci giudiziarie a tutti gli aspiranti a uno scranno in consiglio regionale: «La vicenda fu strumentalizzata ad arte, qualcuno giocò a fare il giudice e a emettere una “sentenza” al buio, anni prima dello stesso tribunale di Torre Annunziata – prosegue l’esponente azzurro in municipio -. Chi all’epoca ha infangato, oggi dovrebbe chiedere scusa. Ma le scuse possono arrivare solo da chi ha umiltà di cuore e onestà intellettuale, quindi non mi aspetto nulla. Sento di ringraziare la mia famiglia e l’avvocato Giovanni Tortora, sempre al mio fianco in questo lungo percorso».
Un percorso durato dieci anni e tre elezioni, due amministrative e una regionale: «Ma, a quanto pare, non è cambiato nulla – il rammarico di Michele Langella – Basti vedere com’è stata impostata, sempre dietro la regia degli esponenti locali del M5S, l’ultima campagna elettorale di Luigi Mennella. Chiedere i carichi pendenti per la candidatura non è sinonimo di trasparenza e legalità, ma presunzione di volersi sostituire alla magistratura peraltro senza avere gli stessi mezzi. Il loro giustizialismo non ha portato mai nulla di buono, anzi. E la sentenza di piena assoluzione pronunciata dal tribunale di Torre Annunziata nei miei confronti è solo l’ultima prova».
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