Nato come necessità a causa dell’emergenza Covid, lo smart working sta diventando sempre più centrale nell’organizzazione del lavoro.
Variazioni, società che opera da oltre 15 anni nel settore della consulenza strategica e dell’innovazione organizzativa di imprese e pubbliche amministrazioni, presenta i risultati della seconda edizione dell’indagine che ogni anno raccoglie dati sulle policy che regolano i nuovi modi di lavorare e traccia trend sul futuro del lavoro.
L’indagine di Variazioni ha coinvolto oltre 300 responsabili HR di altrettante imprese italiane e mette in evidenza l’emergere di una crescente volontà delle organizzazioni di adottare misure organizzative che contribuiscano al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.
Aziende pubbliche e private vogliono essere più incisive e si orientano verso soluzioni organizzative che le aiutino a ridurre i rischi derivanti dal mancato governo delle condotte aziendali con riferimento agli elementi Sociali e di Governance definiti all’interno dell’acronimo ESG.
Oltre l’89% delle realtà intervistate dichiara che il tema della sostenibilità è per le funzione HR centrale e strategico. Oltre allo smart working – strumento chiave per la sostenibilità, l’indagine ha evidenziato come le organizzazioni adottino misure volte al benessere e a promuovere l’equità.
Il lavoro agile viene messo a regime dal 86% delle imprese, + 30% delle organizzazioni rispetto al 2022, come previsto dalla survey dell’anno scorso. Se nel 2022 il principale obiettivo che spingeva le aziende a fare smart working era il work-life balance, quest’anno primeggia l’innovazione dei modelli organizzativi col 40% dei rispondenti: chiaro segnale del superamento del lavoro agile come risposta emergenziale, per abbracciare invece una visione strategica dello smart working come occasione per migliorare e rivedere processi, strutture e dunque performance dal punto di vista della strategia aziendale e della sostenibilità.
“La sostenibilità è in effetti il fil rouge dell’indagine quest’anno spiega Arianna Visentini, CEO & Founder di Variazioni il panorama del mondo del lavoro post emergenziale dà il lavoro agile per scontato e si scopre sempre più sostenibile: aumentano le misure per la diversità, l’equità e l’inclusione anche sotto la spinta di una crescente consapevolezza che le direttive europee (in particolare la Direttiva UE 2022/2464 sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, CSRD, e la Proposta di Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità), contribuiscono a maturare.
Superata l’emergenza – prosegue Visentini oggi le organizzazioni introducono misure per il benessere perché finalmente rientrano in un piano di gestione del rischio. In questo senso, lavoro agile e sostenibilità sono due facce della stessa medaglia: le realtà che hanno compreso che lo smart working non parlava solo di orari e sedi di lavoro ma di strategie, di posizionamento nel mercato, di valorizzazione dei talenti e attenzione alle persone e al territorio, sono quelle che si faranno trovare pronte e competitive all’appuntamento con la sostenibilità”.
Il 72% delle organizzazioni dichiara l’impegno ad agire per migliorare l’equità. Lo smart working è la principale tra le misure adottate per favorire l’inclusione e l’equità: non soltanto come uno strumento di work-life balance. Tra le azioni di Diversity, Equity & Inclusion (DE& I), spiccano il welfare aziendale e la formazione specifica sul tema, ma anche certificazioni e gestione della genitorialità in azienda.
Il 37% delle organizzazioni adotta misure specificamente studiate per tutelare la genitorilaità in un regime di equità, oltre a quanto già previsto dal legislatore. Un dato che evidenzia lo sforzo delle organizzazioni ad inserire azioni ad hoc per evitare che la genitorialità sia una discriminante per le donne: emerge quindi che le organizzazioni trovino non sufficienti gli strumenti che il legislatore mette a disposizione e per questo decidano di inserire azioni specifiche per supportare i dipendenti.
Anche chi non adotta misure specifiche ne comprende l’importanza strategica: si tratta di un’occasione mancata di crescita del benessere delle persone per il 36% degli HR manager di queste organizzazioni e di un’opportunità perduta per aumentare l’attrattività nei confronti dei talenti per il 32%.
Dallo scorso anno la sostenibilità sociale ha un alleato in più: il sistema di certificazione della parità di genere. Su un 39% di organizzazioni che hanno già ottenuto o stanno lavorando per ottenere la Certificazione UNI/PdR 125:2022. A distanza di pochi mesi le imprese riscontrano vantaggi tangibili: il 51% ha dichiarato che la certificazione si sta rivelando uno strumento essenziale per tracciare un percorso di consapevolezza e cambiamento verso la parità di genere e le pari opportunità, il 31% ha misurato un miglioramento in termini di brand reputation e il 5% è già riuscita a ottenere i vantaggi previsti dalla normativa (sgravi fiscali, punteggi premiali).
Spiega Arianna Visentini: “Crediamo molto allo strumento messo a disposizione con la UNI/PdR 125:2022. I vantaggi sono oggettivi nonostante la sua introduzione sia recente, e i numeri ci danno ragione. Ovviamente va integrata in un giusto contesto di lavoro e in un percorso trasformativo reale, per evitare il rischio di fare semplice pink washing. Serve avere una road map chiara e ambiziosa all’interno di una strategia di people management. Se messa a terra all’interno di un più ampio percorso della sostenibilità, la certificazione dà i suoi frutti”. Questo aspetto spinge e spingerà molte aziende a investire sullo smart working per ampliare i propri volumi d’affari.