Ucciso con tre fucilate alle spalle. Giuseppe Montalbano, protagonista della rivoluzione palermitana nel 1848, passa alla storia come prima vittima innocente della mafia. Montalbano muore davanti casa sua il 3 marzo 1861. Diversi anni dopo, nel 1893 quando, dopo l’omicidio del banchiere palermitano Emanuele Notarbartolo, il mondo viene a conoscenza del fenomeno “mafia”. 163 anni sono trascorsi da quando, la criminalità organizzata si macchiò del primo omicidio, da allora, ben 1.081 sono le vittime innocenti delle mafie. Storie di donne, uomini, bambini ed anziani che, con coraggio e perseveranza, hanno combattuto un sistema basato sull’omertà, sulla ferocia e sull’intimidazione. Ieri, 21 marzo, Roma ha ospitato la ventinovesima Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa dall’associazione Libera nel 1996 e riconosciuta ufficialmente dallo Stato con la legge 20 dell’8 marzo 2017. “Un giorno che sottolinea l’impegno per liberare le popolazioni e i territori dalle mafie, per vincere l’indifferenza e la rassegnazione che giovano sempre ai gruppi criminali”, così, Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica. L’associazione Libera, fondata da Don Luigi Ciotti, inizierà il corteo dall’Esquilino. Sullo striscione di testa si legge “Roma città libera” , lo slogan scelto per questa edizione che evoca il film “Roma città aperta”. Alle casse è risuonato il brano “A bocca chiusa” di Daniele Silvestri mentre il corteo percorreva via Merulana. Quest’ultimo si è concluso poi al Circo Massimo, luogo in cui, come ogni anno, vengono letti i nomi di tutti coloro che, nel corso degli anni, sono stati riconosciuti come vittime innocenti della criminalità organizzata. “Atto che ci ricongiunge a quanti hanno pagato con la vita la disumanità mafiosa e segno di vicinanza alle loro famiglie e, al contempo, espressione forte, collettiva, di quel desiderio di giustizia che costituisce l’energia vitale di una democrazia. Le Istituzioni sono chiamate a fare il loro dovere per contrastare, su ogni piano, le organizzazioni del crimine e l’azione dei cittadini e delle forze sociali è coessenziale per costruire e diffondere la cultura della legalità e della libertà. Le mafie sono una pesante zavorra per l’Italia, insinuate come sono in ogni attività illegale dei traffici criminali. La Giornata ci rammenta che la lotta alle mafie è compito e dovere di tutti coloro che amano la Repubblica e intendono renderne migliore il futuro”, ha dichiarato il Presidente Mattarella in seguito alla lettura dei nomi. Un elenco che, purtroppo, cresce sempre più: 12 i nuovi nomi inseriti. 115 minori, 134 donne e 170 gli omicidi commessi prima del 1961. Questi i “numeri della memoria”, lo strumento ideato ed usato dall’associazione Libera per poter concentrare l’attenzione sulle centinaia di storie delle vittime innocenti. Storie che raccontano il nostro territorio, che non colpiscono solo la famiglia bensì tutta la popolazione. Tra queste, la storia di Francesco Pio Maimone. Francesco, per gli amici Kekko, aveva 18 anni ed un anno fa, 20 marzo 2023, mentre trascorreva una serata insieme ad un gruppo di amici, viene raggiunto da un proiettile, il quale, risultò poi essere fatale. Kekko rimane vittima, innocente, di una rissa tra due bande rivali, con le quali, il giovane pizzaiolo napoletano, non aveva alcun tipo di collegamento. 21 marzo, una giornata dove, scuole, università, associazioni ed istituzioni si riuniscono per ricordare e combattere quella piaga che affligge la nostra società: l’obiettivo principale è dunque il coinvolgimento. Tutta la popolazione, dai bambini agli anziani, deve essere a conoscenza ed essere coinvolti nella lotta al fenomeno. Tutta la penisola italiana dovrà dunque lanciare un segnale concreto contro le mafie e la corruzione. Quella contro le mafie è “una battaglia di civiltà da fare” e “per le organizzazioni sindacali il tema di fondo è affermare il diritto al lavoro”. Lo ha detto il leader della Cgil, Maurizio Landini, al corteo per ricordare promosso da Libera e Avviso Pubblico. Giuseppe Napolitano, 52enne trucidato dinanzi al suo negozio di giocattoli a Messina per avere detto “no” al pagamento della “protezione”. Rosario Adamo, proprietario di una gioielleria e padre di tre figli, ucciso da quattro giovani apparenti ad un clan mafioso durante un tentativo di rapina. Questi sono tra i tanti, troppi, nomi delle vittime che, mantenendo il principio dell’onestà, hanno deciso di non abbassare la testa difronte al crimine organizzato. Imprenditori e negozianti che hanno scelto di non pagare il cosidetto “pizzo” o “racket” in cambio di protezione. Due sono le risposte che le mafie operato difronte alla “ribellione”: in alcuni casi la distruzione fisica dell’attività, in altri l’uccisione stessa del titolare. “Il primo elemento di battaglia contro la mafia è rendere le persone libere e non ricattabili, ha proseguito Landini, per poterlo fare serve un lavoro garantito, dignitoso e non precario”. Nel mondo del lavoro, spesso, le mafie si introducono in maniera silenziosa. Stravolgono l’economia: dall’agricoltura, al settore del turismo e persino in quello legato alla prostituzione, le mafie e l’economia delinquente si rafforzano in quegli ambienti dove, il sistema sociale, affiancato a quello politico, risultano essere completamente disattenti. La mafia quindi finirà per proporre soluzioni all’imprenditore: che siano contanti o risparmi, quest’ultima riuscirà a trovare scorciatoie che le permetterà di accedere, senza alcun ostacolo, ad ogni settore dell’economia italiana ed internazionale. “Magistrati, operatori delle Forze dell’ordine, politici, sindacalisti, imprenditori, giornalisti, comuni cittadini che hanno lottato per una società più giusta, libera dai soprusi e dai condizionamenti della criminalità organizzata. È fondamentale custodire la memoria delle tante persone assassinate per aver difeso strenuamente i valori di giustizia e legalità”. Donne e uomini che non hanno mai chinato il capo dinanzi al gioco che la malavita tentava di imporre”. Lo afferma, in una nota, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “Ricordare il loro sacrificio, sempre vivo nelle nostre coscienze, aggiunge, è la condizione necessaria per proseguire lungo la strada che hanno saputo tracciare. È dal loro esempio che possiamo trarre ancora più forza per contrastare le mafie, per sconfiggere ogni loro tentativo di imporsi sulla dignità e sulla libertà delle persone”. “La costante azione di tutte le istituzioni e della società civile e il diffondersi di una sempre più matura cultura dell’antimafia dimostrano ogni giorno che i poteri mafiosi, anche se tentano di nascondersi cambiando pelle e mutando forma, non sono invincibili”, ha concluso il ministro Matteo Piantedosi.
CRONACA
22 marzo 2024
Il capo dello Stato: «Le mafie sono pesante zavorra per tutto il Paese»