Torre del Greco. La procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio dei due indagati per la morte di Francesco Mazzacane, il giovane di 24 anni di Torre del Greco ucciso da un’intossicazione acuta da monossido di carbonio. La tragedia si consumò il 9 novembre del 2022 all’interno del residence Linate di Novegro di Segrate, dove si era trasferito per lavoro. Al termine di un’inchiesta durata 18 mesi, il pubblico ministero Isabella Samek Lodovici ha invocato il rinvio a giudizio di Claudio Giuseppe Gasperin – imprenditore di settant’anni di Segrate, legale rappresentante e gestore della struttura ricettiva di via Carducci – e di Ion Grubi, l’idraulico di 42 anni a cui era stata affidata l’installazione e la manutenzione della caldaia «fuorilegge» alla base della sciagura. I due indagati sono accusati di omicidio colposo e lesioni gravi. Il compagno di Francesco Mazzacane, infatti, scampò per miracolo alla morte dopo essere stato in coma post-anossico per settimane. Nella richiesta di rinvio a giudizio, il pubblico ministero a capo delle indagini evidenzia come il gestore del residence aveva incaricato dell’installazione della caldaia una persona «tecnicamente priva della necessaria competenza e preparazione», cioè l’idraulico arrivato in Lombardia dalla Moldavia. A propria volta, Ion Grubi non avrebbe provveduto al necessario adeguamento del locale interrato del residence «ai requisiti tecnici e di sicurezza necessari». Il sistema di accensione del bruciatore aveva «manifestato un funzionamento erroneo», con «continui spegnimenti di fiamma» e con «frequenti microesplosioni che provocavano il distacco di sezioni del condotto di evacuazione dei fumi». Ma, a dispetto del cattivo funzionamento dell’impianto, il gestore della struttura ricettiva non solo avrebbe «omesso di spegnere la caldaia in attesa dell’intervento di un centro di assistenza», ma – a partire dal 2 novembre, una settimana prima della tragedia – avrebbe anche «aumentato il funzionamento della caldaia». Nel corso delle indagini era stata una consulenza tecnica – affidata all’ingegnere Federico Viganò del Politecnico di Milano – per chiarire le cause e le responsabilità della tragedia. Alle perizie aveva preso parte un consulente tecnico per le parti offese messo a disposizione da Studio3A-Valore Spa, società specializzata nel risarcimento danni a cui si sono affidati i familiari della vittima insieme all’avvocato Laura Carla Bastia. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 26 settembre davanti al gup Sonia Mancini del tribunale di Milano.
La notte da incubo
Tutto accadde la notte del 9 novembre 2022. Francesco Mazzacane e il compagno Pietro Caputo – 21 anni, residente a Torre Annunziata -si erano addormentati all’interno dell’appartamento preso in affitto al residence Linate di Novegro di Segrate – a un tiro di schioppo dall’aeroporto di Milano – al termine di una lunga giornata di lavoro. Evidentemente stanchi, i due non avvertirono l’olezzo di gas proveniente dalla caldaia delle struttura ricettiva e furono intossicati dal monossido di carbonio. Il 24enne di Torre del Greco venne ritrovato cadavere, mentre il compagno venne ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Fatebenefratelli e solo al termine di due settimane da incubo venne dichiarato fuori pericolo.
La vittima e l’amico
Francesco Mazzacane aveva lasciato Torre del Greco nell’estate del 2022 e lavorava come stagista all’Esselunga. Da ottobre abitava nel residence, convenzionato con la catena della grande distribuzione. La settimana precedene la tragedia era stato raggiunto dall’amico e compagno Pietro Caputo per trascorrere qualche giorno insieme. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri della compagnia di San Donato Milanese, i genitori dei giovani – preoccupati perché non avevano notizie dei figli – avevano contattato alcuni amici di Milano per verificare che tutto fosse a posto. Ma quando sono arrivati sul posto, gli amici della famiglia trovarono i ventenni agonizzanti in casa e allertarono i soccorsi.
Le accuse del pm
Dettagliate e circostanziate le accuse costruite dalla procura a carico dei due indagati. In primis, il locale interrato dov’era stata installata la caldaia non era stato minimamente adeguato ai requisiti tecnici e di sicurezza e non garantiva una sufficiente aerazione. E poi: l’impianto non era stato collaudato; non solo non era stato spento, in attesa di risolvere le anomalie e i cattivi funzionamenti del sistema, ma era stato pure aumentato, in termini di potenza, orario e funzioni; la sua installazione e la successiva manutenzione era stata affidata anziché a un centro di assistenza autorizzato a una persona del tutto priva della necessaria competenza e preparazione, co-responsabile delle omissioni e violazioni che lo ha persino fatalmente manomesso scollegandone un tubo. Con la determinante conseguenza che si è staccato il condotto di evacuazione dei fumi e il monossido di carbonio ha saturato tutto l’ambiente invadendo anche le camere. Il tutto, fatto ancora più grave, in una struttura ricettiva che accoglie decine e decine di ospiti. Il pm ha spiccato i provvedimenti dopo un’accurata inchiesta durante cui sono stati disposti diversi accertamenti non ripetibili, a cominciare dall’autopsia sulla salma di Francesco Mazzacane, che ha confermato come il decesso sia stato dovuto unicamente alle esalazioni di monossido di carbonio, e per finire con la consulenza tecnica sull’impianto di riscaldamento del residence: alle operazioni peritali hanno fornito un contributo prezioso anche il nucleo investigativo antincendio dei vigili del guoco di Milano – delegato ad hoc dal magistrato – e l’ingegnere Alberto Mariani in qualità di consulente tecnico per le parti offese. Oltre alle omissioni e violazioni già citate in fase di installazione e manutenzione e mancato spegnimento dell’impianto, all’idraulico poi il pubblico ministero imputa di non avere accertato che – in occasione di un precedente intervento di manutenzione, a metà maggio 2022 – aveva manomesso la candeletta di accensione e scollegato il tubo di controllo del regolatore di miscela. Così, conclude il magistrato, proprio «a causa dello scollegamento del condotto di evacuazione dei fumi, l’elevato quantitativo di carbonio prodotto della combustione incompleta andava a saturare l’ambiente del locale caldaia e gli strati più alti, da dove si instradava, attraverso i forami del soffitto e delle pareti, verso le camere superiori del residence, tra cui la numero 68, immediatamente soprastante, in concentrazione letale». Proprio la camera in cui Francesco Mazzacane e Pietro Caputo – incolpevoli vittime della tragedia – avevano avuto la sventura di occupare. Una camera in cui il giovane di Torre del Greco ha trovato la morte a soli 24 anni.
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