“E’ ormai piu’ facile gestire una piazza di spaccio in carcere che fuori”, così, il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri in un’intervista alla “Stampa”. Gratteri parla di un “fallimento” del sistema carcerario italiano. Telefoni, microtelefoni, droga. In carcere, in Italia, entra di tutto: “Cominciamo col dire che mediamente in ognuna delle strutture italiane ci sono 100 telefonini attivi in questo momento”.
Un dato che risulta a dir poco allarmante: sovraffollamento, hashish, cocaina e suicidi, la situazioni delle carceri italiane risulta particolarmente complicata. Diversi tipi di droghe circolano per le celle delle case di reclusione, uno scenario molto simile ad una vera e propria piazza di spaccio.
“Il traffico di sostanze stupefacenti dentro i penitenziari e’ diventato un vero e proprio business. E’ piu’ facile oggi gestire una piazza di spaccio in carcere, dove i detenuti di spessore hanno a disposizione una nutrita manovalanza di detenuti di minore levatura per la gestione, che in una singola citta’ ove le rivalita’ tra clan ne riduce la loro potenzialita’”, continua Gratteri. “I capi si arricchiscono e i detenuti tossicodipendenti invece di essere curati continuano a drogarsi in ambiente che dovrebbe invece essere deputato al loro recupero”.
“Ci sono detenuti appartenenti ad organizzazioni mafiose che organizzano incontri telefonici, anche collettivi e finanche tra carcere e carcere. In alternativa pensiamo al fatto che nel carcere di Rossano, ove esistono reparti di alta sicurezza per mafiosi e per terroristi internazionali, di recente sono stati rinvenuti complessivamente circa 140 telefonini”. Si tratta di “un duro colpo che la criminalita’ di stampo mafioso sferra allo Stato, nella sua perenne e gravosa lotta a tale abietto fenomeno. L’immagine del mafioso che diventa, se possibile, ancor piu’ autorevole, in grado di esibire pienamente il proprio potere, ancor piu’ percepito giacche’ esercitato da dietro le sbarre, in barba all’amministrazione penitenziaria e allo Stato stesso e’ scoraggiante e mortificante per tutto l’apparato che cerca invece di elidere i contatti con l’esterno attraverso la carcerazione”, conclude Nicola Gratteri.