Cimitile. In ufficio non andavano affatto o, se andavano, spesso stavano in giro per l’intera giornata lavorativa. Ma quattro furbetti del cartellino sono stati individuati negli uffici del comune di Cimitile e per loro è scattata la misura interdittiva della sospensione dell’esercizio di un pubblico ufficio o servizio.
Sono stati i carabinieri della Compagnia di Nola ad eseguire le misure cautelari a carico di quattro dipendenti pubblici accusati dei reati di false attestazioni o certificazioni e truffa aggravata.
Le indagini, condotte dal personale della stazione carabinieri di Cimitile fra novembre e dicembre 2023, hanno consentito di evidenziare reiterate condotte di assenteismo: i quattro avrebbero utilizzato fraudolentemente il sistema digitale di rilevazione dell’ingresso ed uscita dall’ufficio in modo tale che ne risultasse fittiziamente la formale presenza in servizio, sebbene non facessero affatto accesso al municipio o se ne allontanassero, talvolta per l’intera giornata lavorativa, per dedicarsi ad attività estranee alle proprie mansioni.
L’ordinanza dispone la sospensione dell’esercizio delle pubbliche funzioni per dodici mesi, tranne per un dipendente per il quale la durata è stata limitata ad otto mesi.
GLI INDAGATI
Si tratta di un agente della polizia municipale, di un dipendente dell’ufficio demografico, e di due funzionari a cui il giudice Giusi Piscitelli ha deciso di comminare le quattro sospensioni dall’esercizio delle pubbliche funzioni: tre per la durata di 12 mesi e una da 8 mesi.
Per un quinto indagato, un altro agente della polizia municipale, accusato di avere più volte agevolato il collega, utilizzandone il badge, il gip non ha ritenuto necessario emettere una misura cautelare.
Nell’ordinanza con la quale ha disposto le misure cautelari il giudice ha anche voluto sottolineare “l’estrema precisione, la completezza e chiarezza” delle fonti di prova acquisite dai carabinieri di Cimitile che forniscono “gravi indizi di colpevolezza” a carico di tutti gli indagati.
“Emerge da tali fonti di prova – si legge ancora nell’ordinanza – che i prevenuti (gli indagati), suffragati da quello che verosimilmente era un malcostume impunito e largamente diffuso (come dimostra la mole dell’indagine, che allo stato ha riguardato una parte del personale dipendente), si sono allontanati in numerosissime occasioni contando anche su colleghi compiacenti che marcavano per loro il badge elettronico”.