Divieto di esercitare attività d’impresa e di ricoprire uffici direttivi per un anno e sequestro preventivo finalizzato alla confisca di circa 4 milioni di euro. È quanto disposto dal gip di Nola nei confronti di tre persone indagate per emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e dichiarazione infedele. L’ordinanza, eseguita dai finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli, è stata emessa nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura di Nola scattata a seguito di una verifica fiscale effettuata nei confronti di una società con sede amministrativa e operativa presso il Cis di Nola, esercente il commercio al dettaglio di abbigliamento per adulti, che è risultata essere la mera prosecuzione di un’altra azienda, già posta in liquidazione e poi cessata, che aveva la stessa sede, gli stessi soci, gli stessi fornitori e dipendenti, e che esercitava l’identica attività commerciale. Entrambe le società, di fatto, erano amministrate dalle stesse persone. Le indagini hanno consentito di individuare diversi illeciti, tutti di natura tributaria. Da un’iniziale verifica fiscale è emersa, infatti, la sovrafatturazione per quasi 800mila euro, correlata alla cessione di alcuni marchi di abbigliamento da parte della società in liquidazione alla “nuova” società. I marchi in realtà avevano valore irrisorio e non erano mai stati utilizzati; ciò nonostante erano stati apparentemente ceduti per un importo aumentato di circa 800mila euro, per consentire alla società cedente (poi liquidata) di chiudere il bilancio finale con un risultato di esercizio pari a zero, e quindi non in perdita, e alla “nuova” società cessionaria, tuttora operativa, di evadere le imposte sui redditi e l’Iva. Dall’approfondimento e dallo sviluppo dei dati acquisiti durante la verifica fiscale è stato possibile ricostruire diversi atti (cessione di punti vendita, delle relative licenze, dei diritti di occupazione dei locali, delle attrezzature aziendali, degli impianti, dei dipendenti, delle rimanenze di magazzino e di quote sociali), per circa 2,4 milioni di euro compiuti dagli indagati al fine di distrarre risorse poste a garanzia dell’Erario per la riscossione delle imposte, degli interessi e delle sanzioni dovute. È stato accertato, infine, che la società posta in liquidazione, al fine di evadere le imposte, ha contabilizzato nel bilancio finale, e indicato nella dichiarazione dei redditi, elementi passivi inesistenti per un ammontare di quasi 900mila euro.
CRONACA
23 maggio 2024
Fatture per operazioni inesistenti: indagati 3 imprenditori del Vesuviano