Castellammare. Omicidi, estorsioni, agguati mancati, l’ultima operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli chiude i conti con uno dei periodi più neri della storia di Castellammare di Stabia. Quel periodo, tra il 2008 e il 2009, in cui il clan D’Alessandro – da quasi mezzo secolo egemone sul territorio – decise di soddisfare la sua sete di sangue, seminando morte tra le strade della città, regolando i conti di vicende passate e stringendo nuove alleanze criminali. E’ il periodo in cui al comando del clan c’è Vincenzo D’Alessandro, terzogenito di Michele, padrino fondatore della cosca di Scanzano, deceduto negli anni novanta. Vincenzo D’Alessandro (48 anni) è un boss spietato, che viene affiancato nella guida della clan da Sergio Mosca (66 anni), suocero di suo fratello Pasquale, e da Paolo Carolei (53 anni), l’uomo che favorisce l’alleanza con il clan Di Martino di Gragnano. I tre, nella giornata di ieri, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli, Marco Giordano, su richiesta della Procura Antimafia (sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta, aggiunto Sergio Ferrigno), che ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata. Ordinanza in carcere anche per Catello Romano (34 anni), il killer del consigliere comunale Gino Tommasino, che in una tesi di laurea aveva confessato altri delitti commessi; per Antonio Lucchese (41 anni) e Michele Massa (69 anni, già scarcerato nella serata di ieri per gravi motivi di salute), che avrebbero partecipato all’esecuzione di alcuni omicidi. Assieme a loro sono indagati i collaboratori di giustizia Salvatore Belviso, Renato Cavaliere e Raffaele Polito, per alcune vicende già condannati. Nelle oltre 300 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip di Napoli vengono ricostruiti 4 omicidi. Si comincia da quelli di Carmine D’Antuono e Federico Donnarumma, avvenuto il 28 ottobre 2008 a Gragnano. I mandanti dell’omicidio, secondo l’accusa, furono Vincenzo D’Alessandro e Paolo Carolei. Il primo voleva la morte di Carmine D’Antuono perché ritenuto uno dei responsabili della strage delle Terme, in cui perse la vita Domenico D’Alessandro, fratello di Michele, boss fondatore della cosca. Carolei, che invece si era imparentato con i Di Martino di Gragnano, voleva eliminare un concorrente nel business delle estorsioni. Quell’omicidio, secondo la ricostruzione degli investigatori, fu messo a segno da Renato Cavaliere, Salvatore Belviso, Catello Romano e Michele Massa. A sparare 14 colpi fu Catello Romano, mentre gli altri si occupavano di controllare la zona e coprire la fuga. Dopo Carmine D’Antuono, il killer ammazzò anche Federico Donnarumma – vittima innocente – che fu scambiato per il figlio di D’Antuono. Un altro omicidio ricostruito è quello di Nunzio Mascolo, detto ‘o brisc, ucciso il 5 dicembre 2008 a Castellammare di Stabia. Ad eseguire il delitto, secondo l’accusa, furono Salvatore Belviso e Catello Romano. Mascolo si rivolse a Renato Cavaliere per avere una pistola che gli serviva per risolvere una questione con un altro pregiudicato del centro antico. Ma quando tornò per prendere l’arma, trovò la morte. Il clan d’Alessandro non gli aveva perdonato i suoi rapporti con Pietro Scelzo – anche quest’ultimo ammazzato nel 2006 – che anni addietro aveva deciso di aderire al gruppo degli Omobono-Scarpa. Tra le pagine dell’ordinanza spunta anche la ricostruzione del delitto di Antonio Vitiello, ammazzato su ordine del boss Vincenzo D’Alessandro perché accusato di trattenere per sé i soldi delle estorsioni. A eseguire quel delitto, secondo la Procura Antimafia, furono Renato Cavaliere e Antonio Lucchese. Quest’ultimo guidava la motocicletta su cui viaggiava anche Cavaliere, che affiancò l’auto di Vitiello in via Panoramica e mise a segno la sentenza di morte esplodendo diversi colpi di pistola. Dagli atti dell’inchiesta spunta anche la ricostruzione del ferimento di Catello Scarica del 19 luglio 2008 e dell’agguato mancato ad Antonio Russo del 24 gennaio 2009. Del primo sono accusati Renato Cavaliere e Catello Romano. Del secondo, invece, Salvatore Belviso, Raffaele Polito e Catello Romano, che non riuscirono ad ammazzare Russo perché quest’ultimo riuscì a rifugiarsi in un palazzo di via Rispoli, dopo essere stato inizialmente ferito. @riproduzione riservata
CRONACA
31 maggio 2024
Castellammare. Killer senza pietà, Federico Donnarumma fu ammazzato per errore