L’autonomia differenziata diventa legge nella notte e per l’Italia si apre una stagione delicata che rischia di portare alla divisione del Paese. La legge, voluta fortemente dalla Lega (tanto che può considerarsi l’evoluzione dell’idea della secessione), prevede che le Regioni chiedano al governo la gestione autonoma su una o su tutte e 23 le materie previste, tra cui sanità e istruzione. Prima, però, bisognerà stabilire i Lep, ovvero i livelli essenziali delle prestazioni minime che vanno garantiti per tutto il Paese. Questo, però, non eviterà di avere una nazione a venti velocità diverse, una per ognuna delle regioni che, tra le altre cose, potranno trattenere parte del gettito fiscale sul proprio territorio.
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«Abbiamo scelto fin dal primo momento di impegnarci per un’Italia più forte e più giusta, assicurando più autonomia, più coesione e più sussidiarietà, che rappresentano i cardini del disegno di legge sull’Autonomia differenziata, ossia l’esatto contrario delle logiche del passato incentrate su politiche meramente assistenziali, soprattutto nel Mezzogiorno», dice la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. «Puntiamo sulla voglia di riscatto culturale ed imprenditoriale del sistema produttivo del sud e dell’esigenza di promuovere occupazione stabile, per colmare concretamente i divari strutturali con il resto del Paese».
Schlein punta al referendum abrogativo
«Porteremo avanti la battaglia con le altre opposizioni», dice la segretaria del Pd, Elly Schlein. «Ci hanno tenuto tutta la notte in Parlamento pur di approvare l’Autonomia differenziata e brandire lo scalpo del Sud prima dei ballottaggi. E così Fratelli d’Italia si piega all’antico sogno secessionista della Lega. Suggerirei che a questo punto cambiassero il nome in Brandelli d’Italia. O Fratelli di mezza Italia, visto che la stanno spaccando in due. Continueremo a batterci contro l’autonomia differenziata e il premierato insieme alle altre opposizioni, come abbiamo fatto ieri sera in una piazza unitaria e pienissima».
De Luca all’attacco sui fondi
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, attacca: «Non è un’Italia più giusta, è un Paese più a rischio. Ci aspettiamo che questi squinternati che abbiamo al governo nazionale non ci facciano perdere altro tempo. È passato un anno esatto da quando abbiamo avuto il riparto dei fondi sviluppo e coesione. È stato un delitto perdere un anno, avremmo potuto avere già i cantieri aperti e il lavoro creato per i nostri giovani».
I deputati campani che hanno votato la legge
Sono 43 i deputati di maggioranza eletti al Sud che hanno votato a favore del ddl autonomia differenziata, il provvedimento che per le opposizioni e per una parte di Forza Italia è un errore che aumenterà i divari tra Nord e Mezzogiorno. Tra i voti a favore quelli di undici eletti nelle varie circoscrizioni della Campania: da Fdi Marco Cerreto, Gianfranco Rotondi, Michele Schiano Di Visconti, Marta Schifone, Carmen Giorgianni, Imma Vietri; da Fi Tullio Ferrante e Francesco Rubano; dalla Lega Attilio Pierro e Gianpiero Zinzi; da Noi Moderati Pino Bicchielli.
Cosa prevede la legge
La legge punta ad attuare la riforma del Titolo V della Costituzione messa in campo nel 2001. In 11 articoli definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Si tratta di definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia nelle 23 materie indicate nel provvedimento.
RICHIESTE DI AUTONOMIA: partono su iniziativa delle stesse regioni, sentiti gli enti locali. Sono 23 materie, tra queste anche la tutela della salute. Ci sono poi, tra le altre, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio Estero. Quattrodici sono le materie definite dai Lep, Livelli essenziali di prestazione.
DETERMINAZIONE LEP: la concessione di una o più “forme di autonomia” è subordinata alla determinazione dei Lep, ovvero i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito – è specificato nel testo – in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei Lep, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio.
PRINCIPI DI TRASFERIMENTO: l’articolo 4, modificato in Aula al Senato da un emendamento di FdI, stabilisce i principi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni, precisando che sarà concesso solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Dunque senza Lep e il loro finanziamento, che dovrà essere esteso anche alle Regioni che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà Autonomia.
CABINA DI REGIA: composta da tutti i ministri competenti, assistita da una segreteria tecnica, collocata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio. Dovrà provvedere a una ricognizione del quadro normativo in relazione a ciascuna funzione amministrativa statale e delle regioni ordinarie, e all’individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai Lep sui diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale.
TEMPI: il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Sato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima con un preavviso di almeno 12 mesi.
CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA: l’undicesimo articolo, inserito in commissione, oltre a estendere la legge anche alle regioni a statuto speciale e le province autonome, reca la clausola di salvaguardia per l’esercizio del potere sostitutivo del governo. L’esecutivo dunque può sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri che gli enti interessati si dimostrino inadempienti, rispetto a trattati internazionali, normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica e occorra tutelare l’unità giuridica o quella economica. In particolare si cita la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali.