Duecento euro al giorno, un rateo settimanale di 1150 euro, per un totale di 10mila euro al mese. Un tariffario fisso che un imprenditore che gestiva un pontile al rione dell’Acqua della Madonna, rione del centro antico di Castellammare, versava a Mauro e Francesco Fontana, indagati per estorsione aggravata dal metodo mafioso insieme ad altre otto persone, tutti loro parenti e facenti parte, secondo l’Antimafia del gruppo criminale dei “Fasano”, famiglia che gestisce gli affari del quartiere stabiese. Un tariffario che emerge dalle 76 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita due settimana fa dai carabinieri della compagnia di Castellammare che arrestarono, oltre a Mauro e Francesco Fontana, 49 e 57 anni, Ciro e Alfonso Fontana, 36 e 66 anni, e Cristina Schiavone, 63 anni, quest’ultima è agli arresti domiciliari. Insieme a loro figurano sulle carte altre cinque persone, 4 donne e un uomo, indagati a piede libero sempre per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Un’inchiesta- sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta, Gip Federica De Bellis- che ha acceso i fari sul pizzo imposto a un imprenditore che opera sui pontili della zona, che era costretto a pagare la famiglia Fontana, che secondo gli investigatori aveva messo in piedi un vero e proprio clan attivo nel centro storico, che controllava più affari illeciti. Le indagini erano in corso già da tempo, ma hanno avuto un’accelerata dopo l’omicidio di Alfonso Fontana, ventiquattrenne ucciso a Torre Annunziata a inizio febbraio 2024. Una vicenda per la quale il giorno degli arresti si è chiusa la fase dibattimentale del processo a carico di Catello Martino, accusato di essere l’esecutore materiale del delitto. Dal giorno di quell’omicidio si è cercando di stringere il cerchio sulle organizzazione criminali di Castellammare di Stabia, anche per scongiurare il rischio di un’escalation di violenza. Gli 007 hanno quindi fatto quadrato attorno al giro di estorsioni al rione dell’Acqua della Madonna, core business degli affari criminali della famiglia Fontana. E i numeri dell’inchiesta lo dimostrano. Tra le carte si legge che Mauro Fontana, in particolare, incassava, per l’antimafia a titolo estorsivo “avvalendosi della forza intimidatrice del gruppo dei Fasano”, 70 euro al giorno, un rateo settimanale di 650 euro, per un totale di 4000mila euro al mese. Più alto il compenso per il fratello maggiore, Francesco alias Chiccone: 130 euro al giorno, un rateo settimanale di 400 euro, per un totale di 6000mila euro al mese. Cifre che l’imprenditore titolare di un pontile all’Acqua della Madonna versava con cadenze fisse ai due fratelli. Un elemento che a dire al vero è stato già usato dalla difesa dei due indagati, entrambi impiegati, senza l’esistenza di un contratto, nell’azienda della vittima. Queste cifre, secondo la versione della difesa, altro non sarebbero che dei compensi a titolo lavorativo. Una tesi che è stata portata al Tribunale del Riesame che ha invece blindato le accuse dell’Antimafia confermando le misure cautelari in carcere per i due indagati. A queste estorsioni se ne aggiungono altre che venivano invece chiuse dagli indagati sporadicamente. Piccole cifre, 50 o 100 euro, che le donne del gruppo chiedevano all’imprenditore che non ha mai denunciato nulla alle forze dell’ordine. Una voce, quella del suo «tradimento», che era iniziata a circolare poche ore dopo il blitz dei carabinieri. Non a caso un gruppo di persone si recò sul pontile gestito dall’imprenditore e rovesciò in mare il chioschetto. Un raid vendicativo su cui i carabinieri di Castellammare stanno indagando. @riproduzioneriservata
CRONACA
15 febbraio 2025
Castellammare. Pizzo agli ormeggi, il tariffario dei Fontana: «10mila euro al mese»