Scafati. Presunto voto di scambio a Scafati, dopo 180 giorni pubblicate ieri le motivazioni della sentenza dello scorso 13 novembre che portò all’assoluzione piena gli imputati, tra cui il sindaco Pasquale Aliberti per il quale la procura Antimafia di Salerno aveva chiesto 6 anni e 9 mesi di reclusione. Inattendibilità dei collaboratori di giustizia, Alfonso Loreto incluso, mancanza di violenza per avvalorare la tesi della Procura del metodo mafioso e l’unico che avrebbe potuto “chiudere” l’accordo sarebbe stato il fratello minore dei Ridosso (Andrea) ma per i giudici del collegio della prima sezione penale (presidente Apicella, a latere Federico Noschese e Giuseppe Palumbo) quel presunto trait d’union tra cosca e sindaco per via del curriculum trovato nella stanza di Aliberti, non esiste. Se proprio Ridosso junior avesse chiesto qualcosa lo avrebbe fatto a nome personale e non per conto del clan. Una sfilza di collaboratori di giustizia da Andrea Spinelli a Romolo Ridosso e Massimo Fattoruso per finire ad Alfonso e Pasquale Loreto non hanno credibilità nelle dichiarazioni contro gli imputati, Antonio Iovine ‘o ninno dei Casalesi invece ha parlato in linea generale della cosca di Casal di Principe senza menzionare gli imputati affermando anche di non conoscere l’ex segretaria comunale di Palazzo Mayer Immacolata di Saia. “Le dichiarazioni di Alfonso Loreto hanno mostrato molte ombre e incertezze, sia sulle persone coinvolte che per quanto riguarda gli incontri che avrebbero sancito il “patto” facendo riferimenti contraddittori e imprecisi”, scrivono i giudici nel motivare la sentenza di assoluzione. Condannato in via definitiva (con Luigi Ridosso) Alfonso Loreto in sostanza, secondo i magistrati, avrebbe raccontato in parte cose da lui sapute successivamente e non vissute in prima persona anche perchè nel periodo contestato (il 2013) lui era prima in carcere e poi ai domiciliari. E sul presunto patto tra clan di cui avrebbe fatto parte Andrea Ridosso, Loreto riferì cose diverse da quelle messe agli atti scagionando Aliberti che avrebbe riferito al fratello di Luigi Ridosso di “dissociarsi dalla famiglia” e lo stesso Loreto aveva inoltre aggiunto che “Andrea Ridosso non era partecipe agli affari malavitosi della cosca”. Pasquale Loreto, ex primula rossa della Nco e padre di Alfonso, aveva riferito della nuova veste della camorra “che non poteva più fare soldi con droga ed estorsioni ma la strada doveva essere un’altra”. E ricordava che “Il figlio non avrebbe avuto rapporti, mai avuti, con il sindaco Aliberti”. Il racconto di Romolo Ridosso (giudicato inattendibile dalla Cassazione anche per l’omicidio Vassallo) era stato “confusionario soprattutto per le elezioni della moglie del sindaco, Monica Paolino eletta in quota Forza Italia nel 2015, per la quale si sarebbe prodigato a procacciare voti in zone dove la candidata non era neppure presente”. Ma di una cosa era certa: “Sia Luigi che Gennaro Ridosso non avevano mai parato con Aliberti e i suoi familiari”. Ora tocca capire se la Dda presenti Appello contro le assoluzioni “perchè il fatto non sussiste”.. Quindi non solo non è stato possibile attribuire condotte illecite per il patto ma non è emerso neppure un indizio concreto per supportarlo”. Vale per Monica Paolino e soprattutto per il marito attuale sindaco di Scafati. Nel collegio difensivo Silverio Sica, Giuseppe Pepe, Gregorio Sorrento, Roberto Acanfora e Gennaro Maresca. @riproduzione riservata
CRONACA
13 maggio 2025
Scafati. I giudici: «Nessuna prova del patto tra Aliberti e i clan»