Le mille vite di Imagine
YOUNG
11 ottobre 2025

Le mille vite di Imagine

Mezzo secolo dopo, l’utopia di Lennon è ancora quella di migliaia di giovani
Angela Conte

Nel 2004 Rolling Stone colloca Imagine di John Lennon al terzo posto nella sua lista delle migliori canzoni di tutti i tempi. Scrive: «ne abbiamo bisogno più di quanto lui abbia mai sognato». A mezzo secolo dalla genesi, la più delicata delle canzoni di protesta, e emblema perpetuo di speranza, ha avuto e continua ad avere un ruolo importante nell’immaginario collettivo. E’ stata reinterpretata in una serie di cover che le hanno dato ogni volta una nuova vita, da Elton John a Madonna, fino a quella apprezzatissima di Eva Cassidy.

Le mille vite di Imagine sono state scandite non solo dalle emozioni che ogni cantante ha impresso nel ricordo nella canzone, ma soprattutto dagli eventi di cui è stata colonna sonora. Nei momenti di crisi, gli artisti si sono spesso rifugiati nei suoi versi. I Queen l’hanno suonata il giorno dopo la morte di Lennon nel 1980. Neil Young l’ha suonata nel telethon di beneficenza per le vittime dell’11 settembre. E dopo gli attacchi terroristici di Parigi (2015) è stata intonata da migliaia di persone mentre Davide Martello suonava un pianoforte decorato col simbolo della pace davanti al Bataclan. E come dimenticare Gal Gadot che nel marzo 2020, durante la pandemia di Covid 19, ha guidato un coro virtuale a cui tutti si sono uniti: da Will Ferrell a Kristin WiigSarah Silverman.Imagine non è stata associato solo ad eventi tragici, ha aperto anche cerimonie gioiose: i giochi olimpici di Atlanta (1996), Londra (2012) e Tokyo (2021) e ha promosso anche la raccolta fondi per il Darfur nel 2007 con l’interpretazione di Avril Lavigne.

«Nessuna guerra da combattere, nessuna patria da difendere e per cui morire, nessuna sorta di proprietà privata, nessun confine invalicabile e, soprattutto, nessuna religione». Questo è il mondo che sognava John Lennon, una sovversione totale del sistema per estirpare tutte le cause che possano generare un conflitto. Nonostante rappresenti il testamento spirituale di Lennon, Imagine e un inno per generazioni di pacifisti e sognatori anche se alle origini della canzone c’è tanta rabbia e tanta voglia di rivoluzione, tipico del contesto del post ‘68.

Il dualismo semantico proviene quindi dal sottotesto del brano, Lennon ha scelto di rivestire il messaggio di lotta con un abito pop. La melodia semplice, un ritornello coinvolgente e l’immagine di John e Yoko accanto a un pianoforte, hanno sostenuto l’utopia di una pace possibile. Ottenere la pace vuol dire far cadere le sovrastrutture della nostra società. Un concetto perfettamente coerente con il modo di pensare di Lennon che definì il testo come «il manifesto del partito comunista» pur definendosi un artista distaccato da ogni sorta di pensiero politico. La genialità di Lennon è stata quella di raggiungere un compromesso comunicativo: mantenere un tono disarmante e universalista per veicolare il contenuto politicamente e religiosamente provocatorio. Dietro questa tecnica c’è la grande verità che l’utopia pura, gridata con rabbia, non basta per farsi ascoltare dal grande pubblico, anzi potrebbe allontanare chi invece può essere convinto.

La domanda più frequente è questa: perché mezzo secolo dopo Imagine continua ad esercitare un impatto così forte sui giovani? Potremmo dire che è una canzone giovane che parla ai giovani. Attualissima, perché la pace è ancora un’utopia. Imagine è portavoce del sogno infantile di un mondo in cui non esistono guerre. Un sogno che solo un giovane, e chi ne conserva lo spirito, può cullare. Non a caso, sulla potenza di Imagine si è espresso anche Julian, il figlio di Lennon: «Non vuole imporre un’idea. Non si tratta di religione o di politica, si tratta di umanità e di vita».

E allora, anche mezzo secolo dopo, a noi giovani non resta che continuare ad ascoltare Imagine, non resta che tramandarla, non resta che coltivare il messaggio che Lennon ci ha lasciato, sperando possa essere sempre in grado di alimentare i sogni e le speranze che ognuno porta dentro, nonostante i timori, nonostante la fiducia vacillante in questa esistenza.