Da Wojtyla a Prevost, mezzo secolo di montagne russe in Vaticano
Guerre, diritti civili, questioni etiche, ambiente ed emergenze sociali: l’era dei papi «non italiani» ci ha offerto mezzo secolo di montagne russe in Vaticano e quattro pontefici completamente diversi tra loro. Un’altalena di emozioni, tra slanci e passi indietro: da Karol Wojtyła, l’atleta di Dio, presenza costante nei cambiamenti politici del suo tempo, a Joseph Ratzinger, teologo per eccellenza e pontefice dimissionario. Da Jorge Bergoglio, il papa degli ultimi e dei mea culpa, a Robert Francis Prevost, il pontefice americano riequilibratore dei poteri interni.Quattro modi di guidare la Chiesa. Di interpretare Cristo. Quattro visioni diverse del mondo e quattro modi per starci dentro.
L’era dei papi «non italiani» parte con Giovanni Paolo II, completamente immerso nelle politiche mondiali fin dal primo viaggio in Polonia, la sua terra, nel 1979. Non a caso, rischia di essere ammazzato da un proiettile mentre sfila in piazza San Pietro. Cruciale il suo contributo alla caduta del Muro di Berlino, dunque del blocco sovietico. Impegnato con grande passione sui temi sociali (indimenticabile il suo anatema alle mafie) e sui misteri della fede (svela il terzo segreto di Fatima). Fortemente legato alla figura della Madonna (è il primo papa a varcare il portone della Basilica di Pompei), costantemente dalla parte dei giovani, esercita con successo l’azione diplomatica e porta la testimonianza di Cristo anche nei viaggi-tabù prima del suo pontificato. Grande sostenitore della libertà religiosa e della solidarietà economica a livello globale e quando torna alla Casa del Signore il mondo si ferma per rendere omaggio ad un protagonista della storia.
Gli succede Benedetto XVI, il papa emerito, il teologo, una figura completamente opposta. Con lui, la Chiesa fa un passo indietro, torna nei canoni di un papato tradizionale. Il papa tedesco mantiene un atteggiamento critico verso la dittatura del relativismo, vista come una minaccia ai valori etici universali. Promuove la sua visione di dialogo tra fede e ragione, tra libertà religiosa e giustizia. Il suo papato è volto a rafforzare nel mondo la fede dei cattolici e a integrare le sfide dei diversi Paesi nel magistero della Chiesa. Ma il suo pontificato è anche travolto dagli scandali. I capitali, la crisi delle vocazioni, la vergogna della pedofilia. Joseph Ratzinger sceglie le dimissioni e lascia il campo a un papa in grado di affrontare la tempesta.
Sul Soglio di Pietro sale Bergoglio, il papa rivoluzionario con le scarpe da campo e la croce di ferro, il pontefice pescato alla fine del mondo, tra gli ultimi, lì dove la parola di Cristo spesso è l’unica alternativa alla fame. Non a caso, Bergoglio sceglie il nome di Francesco e apre una fase nuova che disorienta anche gli apparati stessi della Chiesa. Condanna la pedofilia, chiede perdono per gli orrori, affronta i temi del cambiamento climatico, quellì tabù dei diritti delle comunità LGBTQ+, impone l’austerità del cattolicesimo e non teme di far saltare i potenti dalle poltrone più ambite del Vaticano. E’ il Papa che cammina da solo in una piazza San Pietro deserta per il Covid, affronta l’orrore delle guerre nel mondo ed è il primo a parlare di «una terza guerra mondiale combattuta a pezzi». Si espone pubblicamente nel conflitto in Ucraina e in quello palestinese e parla apertamente di genocidio.
Quando muore, la Chiesa sceglie di fare nuovamente un passo indietro verso le tradizioni. Bergoglio l’ha spinta troppo in là nel mare dei cambiamenti e Prevost, il primo papa americano, ha il compito di riportarla negli steccati ricostruiti dai conservatori. Le posizioni di Leone XIV sono chiare e spesso sono distanti da quelle del suo predecessore. Sul tema della famiglia, per esempio, dice che «è fondata sull’unione tra uomo e donna». Ma chiude anche a ipotetici cambiamenti nella Chiesa. E’ d’accordo sul potenziamento della presenza femminile nei ruoli decisionali ma non sostiene il diaconato femminile. Sull’emergenza climatica dice che bisogna ascoltare il grido della terra e sul tema delle guerre nel mondo ha più volte chiesto il cessate il fuoco. Magari le cose cambieranno ma al momento Prevost non ha ancora saputo conquistare i giovani, rimasti decisamente legati a Papa Francesco.

