Alla scoperta del complesso dello “Spirito Santo”: tra pietra, miracoli e leggendenel cuore di Napoli
Nel dedalo di vie che si snoda tra via Toledo e la Pignasecca, là dove il vociare degli ambulanti si mescola all’odore del caffè e al fragore dei motorini, si nasconde uno dei luoghi più affascinanti e meno conosciuti di Napoli: il Complesso dello Spirito Santo. Si tratta di un piccolo scrigno d’arte e di leggende, dove la storia sacra si intreccia con la superstizione e l’architettura parla ancora il linguaggio di una città che non smette mai di stupire. Il complesso, sorto nel ‘500 sui resti di un’antica chiesa medievale dedicata allo Spirito Santo, subì una trasformazione radicale dopo l’incendio del 1587. Fu allora che furono chiamati ad intervenire i più grandi architetti del tempo: Giovanni Vincenzo Della Monica prima, e soprattutto Luigi Vanvitelli nel ‘700, che ridisegnò la facciata e gli interni conferendogli quella monumentalità sobria e luminosa che lo caratterizza. La chiesa, con la sua pianta a croce latina e la cupola imponente che si apre su un interno di stucchi bianchi e dorati, è un perfetto esempio di barocco napoletano temperato dall’eleganza vanvitelliana. Alle spalle sorgeva il convento, un tempo ricco di chiostri e sale di studio, poi sede di collegi religiosi e, in epoche più recenti, del Dipartimento di Architettura (DiArc).
All’esterno, nella sua insula e prospiciente a via Toledo, spicca la monumentale Scala dello Spirito Santo, un’ardita opera di architettura urbana che collega la zona alta di Montesanto alla pianura di Toledo, incastonata come una ferita di pietra tra i palazzi. Il Complesso dello Spirito Santo fu per secoli un centro religioso e assistenziale di primaria importanza. Nel ‘600 divenne sede della Congregazione dello Spirito Santo dei Napoletani, che si occupava dei poveri e degli orfani, e ospitava anche un ospedale e un conservatorio musicale, uno dei tanti che fecero di Napoli la capitale europea della musica sacra. Molti storici ricordano che proprio tra queste mura si formavano giovani talenti destinati poi ai grandi teatri partenopei, mescolando preghiera e canto, carità e arte. Col tempo, la chiesa subì degrado e restauri alterni. Attualmente, dopo decenni di abbandono, lo Spirito Santo è tornato a respirare, soprattutto dopo l’ultimo intervento di restauro accogliendo mostre, eventi e concerti, e restituendo alla città un luogo di bellezza e raccoglimento. Ma Napoli non sarebbe sé stessa senza una leggenda. Si narra, infatti, che, dopo l’incendio del 1587, tra le rovine annerite apparve una figura bianca, che indicava il cielo: lo Spirito Santo in persona, venuto a implorare che il tempio fosse ricostruito “più bello di prima”.
Da allora, ogni volta che un restauro restituiva l’antico splendore, qualcuno giurava di aver assistito al volteggiare di una colomba proprio davanti alla cupola. Un’altra leggenda narra che sotto il convento si nascondesse un passaggio segreto che collegava il complesso ai sotterranei del Montecalvario. Si narra che si trattasse di monaci, fuggitivi e persino amanti clandestini. Ogni tanto, di notte, qualcuno giura di sentire passi e mormorii provenire dalle antiche cantine, come se le anime dei religiosi non si fossero mai rassegnate ad abbandonare quel luogo di pietra e silenzio. Il “Complesso” rappresenta il cuore pulsante di una città che non dimentica, che trasforma la fede in arte e la leggenda in memoria. E se capiterete lì, al tramonto, quando la cupola si accende di riflessi dorati e il piperno del portale e delle scalesprofonda nell’ombra, fermatevi un istante e ascoltate: forse, tra il rumore dei motorini e il profumo delle sfogliatelle, sentirete un leggero battito d’ali: potrebbe trattarsi dello Spirito Santo… o semplicemente della città che respira il suo mistero eterno.

