Torre del Greco, scrutatori & clientele per le Regionali: «Ipocrisie dal M5S, soliti falsi moralisti»
CRONACA
22 ottobre 2025

Torre del Greco, scrutatori & clientele per le Regionali: «Ipocrisie dal M5S, soliti falsi moralisti»

Alberto Dortucci

Torre del Greco. «Elezioni regionali e scrutatori, ennesima prova di ipocrisia del M5S». A intervenire attraverso i social sull’ultimo «caso politico» all’ombra del Vesuvio è Marco Manna, camionista e scrittore, in passato tra i «grillini» della prima ora e poi – alla luce delle «capriole politiche» dei pentastellati – pronto a chiudere le porte in faccia ai «falsi moralizzatori» guidati a livello locale da Luigi Gallo, l’ex deputato oggi candidato per uno scranno nel consiglio regionale della Campania. L’ex attivista del M5S entra a gamba tesa sulle strategie promosse in vista dell’imminente corsa alle urne dall’ex professore precario dell’istituto nautico di corso Garibaldi per conquistare la terza poltrona istituzionale della sua «carriera politica».

La doppia morale

La miccia è stata accesa dalla recente seduta della commissione elettorale comunale di Torre del Greco: i quattro componenti dell’organismo – tre di maggioranza e solo uno di opposizione – hanno deciso all’unanimità di bocciare l’ipotesi del sorteggio e procedere con la nomina diretta dei 424 scrutatori chiamati a presidiare i seggi per le elezioni regionali del 23 e 24 novembre. Un metodo classico da «vecchia politica», basato su logiche clientelari e promesse travestite da incarichi-lampo da 120 euro: un sistema – previsto dalla legge – davanti a cui solo il sindaco Luigi Mennella, attraverso il suo delegato Domenico Maida, ha provato a innalzare un muro per salvare (almeno) 106 «posizioni» da sorteggiare in seduta pubblica come in occasione dell’ultimo referendum. Eppure, fino allo scorso anno, proprio il Movimento 5 Stelle aveva fatto del sorteggio pubblico degli scrutatori una delle sue bandiere. «Un gesto semplice, ma altamente simbolico: trasparenza e fine delle clientele», ricorda Marco Manna. Oggi, invece, i ruoli si sono capovolti: chi predicava «purezza e meritocrazia» si trova impantanati nelle stesse dinamiche un tempo denunciate in piazza e in rete. Non a caso, dopo le polemiche sollevate da Metropolis Quotidiano, il consigliere comunale Mirko Gallo – fratello del candidato regionale Luigi Gallo e cognato del sindaco Luigi Mennella – ha provato a correre ai ripari con una nota capace di strappare un amaro sorriso: «Anche quest’anno mi sono battuto con forza affinché gli scrutatori fossero scelti con il metodo del sorteggio, unico strumento realmente democratico e trasparente», ha scritto, annunciando che il M5S «non nominerà alcuno scrutatore di propria preferenza». Una «toppa» perfino peggiore del buco.

Tutto in famiglia

«Peccato che a promuovere oggi questa battaglia sia proprio Mirko Gallo – dice l’ex attivista Marco Manna – fratello di Luigi Gallo, già parlamentare per due mandati e ora a caccia del terzo come consigliere regionale. Proprio lui che diceva: “due mandati e poi torni al tuo lavoro”. Invece no. Ora si ricandida, e nel frattempo ha usato il suo peso politico per fare eleggere il fratello a palazzo Baronale». Un’accusa che tocca un nervo scoperto. Perché il M5S, nato per scardinare le logiche familiari e clientelari dei partiti tradizionali, sembra oggi replicarne in scala locale (e non solo) le stesse dinamiche: nomine, parentele, silenzi imbarazzati. E mentre i proclami di «trasparenza» rimbalzano sui social, la realtà racconta tutt’altro: una maggioranza M5S–Pd compatta nel dire no al sorteggio e il sindaco Luigi Mennella rimasto isolato nel tentativo di trovare un compromesso. «Altro che rinnovamento – affonda Marco Manna – qui si accettano anche i nepotismi in salsa grigliata. Se in una coalizione non riescono neppure a fare approvare una norma di trasparenza a costo zero, cosa succederà in consiglio regionale, quando si parlerà di sanità, trasporti o scuola?». Come a dire: se la «voce della democrazia» viene così facilmente silenziata su incarichi-flash da 120 euro, il canovaccio politico a palazzo Santa Lucia non cambierà rispetto al passato con la sola «sostituzione» di Vincenzo De Luca con Roberto Fico, candidato governatore sotto il simbolo del M5S.

Addio alle «origini» 

Le parole del camionista e scrittore diventano una fotografia impietosa della «deriva politica» dei pentastellati: da forza antisistema a partito di sistema, da controllore del potere a parte integrante del meccanismo. «Ci proveranno e si indigneranno. Poi, con gran dignità, getteranno la spugna», ironizza Marco Manna. E mentre a Torre del Greco si discute di scrutatori e clientele, l’ex attivista sceglie un’altra strada: «Io voto Campania Popolare con Giuliano Granato Presidente, perché credo che l’unico modo per cambiare davvero sia combattere ogni forma di clientelismo, a partire proprio da queste piccole grandi battaglie di trasparenza». Da militante grillino a disilluso osservatore, Marco Manna rappresenta il simbolo di quella base storica che non si riconosce più nel Movimento 5 Stelle nato per «aprire i palazzi del potere come scatolette di tonno». Oggi, dice con amarezza, «quelle scatolette sono state aperte, ma dentro ci abbiamo trovato sempre gli stessi: politici, amici e parenti. Solo con un’etichetta diversa». D’altronde, l’alleanza a doppia mandata con quel Pd demonizzato per decenni la dice lunga sulla (vera) morale dell’attuale M5S.

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