Il trattamento fiscale dei costi di impianto e di ampliamento capitalizzati è regolato dall’art. 108, comma 4 del TUIR il quale prevede che essi debbano essere portati in deduzione del reddito d’impresa a partire dall’esercizio nel quale sono conseguiti i primi ricavi.
Tale trattamento si traduce in una deroga al normale principio di competenza previsto dall’art. 109 del TUIR, dando spazio ad un altro principio cardine, quello della correlazione tra costi e ricavi.
In base a tale principio i costi sono deducibili in ciascun esercizio in ragione della quota correlata ai ricavi in questo conseguiti; la ratio di tale deroga va ricercata nella seguente considerazione: nella fase di nuova costituzione dell’impresa, non vi è di regola produzione di redditi, con la conseguente impossibilità di ammortizzare le spese sostenute mediante la loro contrapposizione ai ricavi o altri proventi non ancora conseguiti.
Tale previsione normativa ha difatti lo scopo di riallineare i costi ai correlativi ricavi, per evitare che si registri un forte decremento del reddito o l’assenza del reddito stesso nei primi esercizi, facendo sussistere il rischio di trovarsi di fronte ad un reddito eccessivamente elevato negli esercizi successivi non in linea con la realtà gestionale dell’impresa.
Vi è una profonda divergenza tra la normativa fiscale e quella civilistica: l’art. 2426, comma 1, n. 5 del Codice civile impone la necessità di ammortizzare il costo capitalizzato, seppure senza indicazioni su come questo debba essere imputato ai singoli esercizi, nell’arco del primo quinquennio di vita.