DARIO CIOFFI (dall’inviato)
«Cosa ci fate qui? Invece d’essere al mare…». Ai piedi del Monte Ingino il barista è scettico. Serve caffè lunghissimi e un po’ annacquati, però più che dei bicchieri d’acqua che gli chiedono al banco per “accompagnare” l’espresso, abitudine ch’è un’etichetta tutta “made in Sud”, si sorprende nel veder tante magliette granata. Per gli standard della Salernitana, in realtà, di tifosi al seguito ce ne sono pochissimi, e invece nella quiete d’una domenica pomeriggio pre-ferragostana a Gubbio sono come un’epifania, un’improvvisa rivelazione.
Non sono lì, come tanti altri, per visitare la Chiesa resa celebre da “Don Matteo”, né per prender la funicolare che sale sino in cima dove d’inverno le luci disegnano “l’albero di Natale più grande del mondo”. Sono arrivati per il match “dal non ritorno” del terzo turno di Tim Cup, contro il Pisa, che l’ippocampo gioca in casa solo per i tabellini, in esilio a 500 chilometri da Salerno, nella regione più verde d’Italia, quasi per punizione divina, legge del contrappasso visto il verde che invece non c’è più sul prato “bruciato” dell’Arechi.
Però tant’è. Esserci, per quei 150 stoici cuori granata, è dovere morale. Glielo riconosce pure il giovane vice-portiere dei toscani: «Ma quanta strada avete fatto? Siete grandi, ragazzi», parola di Cardelli, poco prima d’iniziare il riscaldamento. Con i pisani, che sono in trasferta ma geograficamente più vicini (eh sì, c’è di tutto un po’ in questa Coppa delle contraddizioni), è sostanzialmente parità numerica, però nel sottofondo, scandito da quel “quadrato” che si compatta nel settore ospiti del Barbetti, anche il deserto di Gubbio diventa una succursale dello stadio con il nome da principe. Nella gradinata nerazzurra c’è una sfilata di striscioni sulla crisi societaria: tutti contro la proprietà “uscente” e a favore del ritorno di “Ringhio” Gattuso, ch’è l’ipoteca sul ribaltone al comando del club. I vessilli dei gruppi organizzati sono a testa in giù, come semiotica della contestazione impone, dall’altra parte invece non c’è un attimo per tirar il fiato.
Canta forte, quello spicchio di Curva Sud Siberiano che ha “scosso” il barista con il locale tappezzato dalle foto di Mario Girotti, al secolo Terence Hill, tra gli inconsapevoli ambasciatori di Gubbio nel mondo grazie alla celebre fiction. «Ci verrei io al mare giù da voi, che invece siete qui», insisterà dopo il 120esimo e l’appendice dei rigori, poco prima d’abbassare la saracinesca, mentre dà gli ultimi colpi straccio a un bancone che già non accetta più clienti. «Ci andiamo al mare. Però domani. Oggi c’era la Salernitana. È lunga a spiegartelo, magari un’altra volta… Ora dobbiamo fare altri 500 chilometri per tornare a casa», ribatte piccato, con un sorriso da “capire tu non puoi”, uno ch’è appena uscito da quel gruppetto che ha incassato pure l’amarezza dell’eliminazione dalla Tim Cup dagli undici metri. In quello spicchio di Barbetti che faceva sentire all’Arechi, oltre alle “pezze” di club e gruppi ultras (Mai Sola e Viking, Nuova Guardia, Nucleo Storico e Centro Storico) ce n’era una con su scritto «always and forever, you’ll find me on the same side» («sempre e per sempre, dalla stessa parte mi troverai»). È tutta lì, in fondo, la risposta a quel «cosa ci fate qui? Invece d’essere al mare»…