Torre Annunziata. Sui suoi camion la droga veniva nascosta in doppi fondi ricavati attraverso una rete di vasi comunicanti. E’ accusato di essere un imprenditore specializzato nel trasporto di cocaina destinata ad alcuni dei clan più potenti della provincia di Napoli. Eppure, dopo 3 anni vissuti nel carcere di Poggioreale, Gaetano Antille, 55enne, ha potuto festeggiare il Capodanno nella sua abitazione di via Filippini a Torre Annunziata agli arresti domiciliari. I giudici della Quarta sezione della Corte d’Appello di Napoli – accogliendo la richiesta avanzata dall’avvocato Antonio Iorio – hanno deciso di concedere una misura cautelare più mite al presunto corriere dello spaccio. Una decisione che “sconfessa” il verdetto emesso dalla Suprema Corte di Cassazione. I giudici ermellini, nel 2016, respinsero il ricorso presentato dai legali dell’imputato, indicando Antille come un “soggetto pericoloso e intraneo al traffico di droga con ruolo apicale”. La Corte d’Appello ha invece ritenuto che il 55enne potrà scontare il resto della sua pena ai domiciliari. Antille, arrestato nell’ottobre del 2014, è stato recentemente condannato, in secondo grado, a 10 anni di carcere con l’accusa di aver partecipato ad un’associazione armata finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Una holding criminale composta da soggetti legati a doppio filo ai clan Gionta di Torre Annunziata, Nuvoletta di Marano – storici alleati dei Valentini – e al gruppo Di Gioia di Torre del Greco. Reati che in primo grado sono costati una condanna a 12 anni di reclusione per Antille, poi ridotta in appello. Il tutto per un totale di 3 secoli di carcere complessivi a carico dei 35 imputati finiti a processo.
Il nome dell’imprenditore – la cui azienda di autotrasporti venne anche confiscata – finì nel calderone di una mega-inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Un lavoro mastodontico, composto da migliaia di intercettazioni telefoniche e decine di sequestri. Secondo il teorema della Dda, i 35 imputati avrebbero costruito un vero e proprio sistema per l’acquisto e il trasporto della droga. A capo dell’organizzazione ci sarebbe Raffaele Sperandeo, cognato di Aldo Gionta, figlio del padrino Valentino. Gli stupefacenti – in particolare hashish e cocaina – venivano acquistati dalle consorterie criminali in Spagna e Olanda. A questo punto – sempre secondo le accuse – entrava in gioco la ditta di Antille. I tir dell’impresa, con viaggi interminabili, conducevano la droga fino a Torre Annunziata. Per sfuggire ai controlli il gruppo avrebbe addirittura architettato un sistema per nascondere gli stupefacenti creando un doppiofondo meccanizzato all’interno dei camion. A contribuire alle indagini, oltre al lavoro degli investigatori, anche i racconti dei collaboratori di giustizia. Gente di peso come Isidoro Di Gioia, erede della dinastia criminale attiva nella zona del porto di Torre del Greco. Il figlio del boss Getano ‘o tappo – ucciso in un agguato – ha svelato le rotte dello spaccio, i rapporti commerciali tra le cosche e anche il patto d’affari stipulato con i Gionta. Poi ancora i viaggi in barca e le trattative nelle ville di lusso per brindare agli incassi record della federazione dello spaccio.