NAPOLI – Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura alla Camera per i 5S, parliamo dei tagli all’editoria.
«Non ci sono atti, se ne parlerà con la Legge di stabilità, non mi interessa rilasciare dichiarazioni».
Il testo non c’è, ma ci sono le dichiarazioni del sottosegretario Crimi. I tagli colpiranno i piccoli giornali locali che lei conosce bene. Metropolis e il Roma, per esempio.
«Conosco il tema, il provvedimento impegnerà la mia commissione. Affronteremo il tema, ora è prematuro».
Non è prematuro. Forse è già tardi. In ogni caso: qual è la sua linea?
«Preferisco non commentare, il testo sarà complesso, con misure articolate».
Ma le piccole realtà editoriali vanno salvaguardate o no?
«Scusi ma sto facendo un’intervista?».
Se una giornalista la chiama, la chiama per farle un’intervista.
«Non sono interessato a commentare. Credevo stessimo facendo un discorso interlocutorio. Se questa è correttezza».
Non l’ho chiamata per fare due chiacchiere. Scusi dov’è la scorrettezza?
«Parlo coi giornalisti da 5 anni e c’è una fase in cui si chiede “vuoi commentare la notizia o no?”».
Lei è abituato a mettersi d’accordo, insomma. Noi non lavoriamo così: anche un no comment è una risposta. Lei è il presidente della commissione, può dirci come la pensa?
«Non commento».
I consiglieri regionali del M5S difendono i giornali locali.
«Loro non hanno nemmeno il credito».
Ma hanno un cervello.
«Senta come è stato rapportato dal sottosegretario Crimi in commissione è inutile mantenere un assetto d’informazione superato. E’ cambiata l’informazione, sono cambiati i sistemi».
E qual è l’assetto dell’informazione al passo coi tempi?
«La contribuzione dovrebbe cambiare forma, una di queste potrebbe essere rispondere alle richieste degli utenti, dare contributi in base al numero degli abbonati. Mantenere un’impostazione vecchia fa male al mercato e alla libera informazione. La pluralità va garantita ma con un maggiore protagonismo degli utenti».
Quindi i piccoli giornali devono reggersi sulle vendite?
«Sì sulle copie vendute».
L’informazione è un bene immateriale. I giornali non sono paia di scarpe, non possono essere legati al mercato. Parliamo di giornali editi da cooperative di cronisti, che alle spalle non hanno né imprenditori, né politici. Che garantiscono informazione in un pezzo di provincia spesso ostaggio della malavita e del malaffare.
«Ci sono realtà locali diventate nazionali come Fanpage».
Onorevole, ma cosa c’entra: Fanpage è un sito, non è un quotidiano.
«E’ un segnale che è cambiata l’informazione. Ci sono più cittadini che preferiscono un approccio audio-video piuttosto che la carta stampata».
Quindi eliminiamo la carta stampata, ci si informa online e su fb?
«Tutelare la pluralità dell’informazione non il prodotto singolo. Non possiamo vendere il motore a scoppio degli anni Trenta e sovvenzionarlo perché altrimenti l’azienda finisce».
Come fa a non capire che i giornali cartacei non sono automobili. State condannando i piccoli giornali lasciando il mercato nelle mani dei grandi gruppi editoriali che non percepiscono i contributi. Ma la vostra battaglia non era esattamente l’opposto?
«E chi lo dice che chiudono le piccole realtà locali».
Lei non si rende conto. Sostenere i costi di un giornale è impossibile senza sostegno. Che sia dello Stato e di gruppi privati. State spegnendo l’informazione sul territorio. A Torre Annunziata avete sfilato contro le cisterne al porto con Metropolis tra le mani, non con un post di Fb.
«Non ho mai sentito una giornalista intervenire così e portare avanti una sua tesi».
Non è una tesi, è l’allarme della Federazione nazionale della stampa italiana. Chiudete testate locali, tipografie. Create disoccupati.
«Il taglio dei contributi non produrrà questo effetto. Ci sarà una riorganizzazione del sistema e del mercato. Se è un’esigenza del territorio l’informazione locale resiste anche senza i contributi. Come tante altri giornali che non li prendono».
Per esempio?
«Vede se si costruisce un bilancio basato solo sul finanziamento pubblico vuol dire che non si è stati lungimiranti».
Magari sono stati fatti investimenti e assunzioni sapendo che c’è una legge dello stato a sostegno.
«Il Governo adotterà misure graduali di disinvestimento, non vogliamo produrre uno choc economico nelle realtà esistenti. Però si devono preparare a diversificare il loro progetto».
Visto che il digitale e l’online non garantisce introiti, l’unico modo di reggere è tagliare i posti di lavoro.
«Investite nei siti a pagamento, nei giornali digitali, in raccolta pubblicitaria su internet».
Introiti minimi che non garantiscono di sostenere decine di assunzioni, onorevole.
«Avremo attenzione per i giornali locali, ma taglieremo gradualmente».
Una morte lenta. Ma pur sempre una morte.