CASERTA – I fanghi nucleari arrivavano “sui camion dalla Germania”, “in cassette di piombo da 50”. E poi c’erano anche i “fusti che contenevano toluene, provenienti dalla fabbriche della zona di Arezzo” e quelli che arrivavano da Milano, Massa Carrara, Genova, La Spezia: “molte sostanze tossiche come fanghi industriali, rifiuti di lavorazione di tutte le specie, tra cui quelli provenienti dalle concerie”. Carmine Schiavone fu il primo pentito di rango a raccontare come un pezzo di Campania è stato trasformato dai clan in un’immensa discarica. Due anni prima di lui, nel 1991, fu però un anonimo autista di camion, ad aprire gli occhi agli inquirenti: Mario Tamburrino si presentò alla clinica pineta grande di Castelvolturno dicendo di aver avuto un fortissimo abbassamento della vista dopo aver scaricato in una cava a Sant’Anastasia 158 bidoni di scorie tossiche provenienti dalla ‘Ecomovil’ di Cuneo. Carmine però sapeva molte più cose dell’autista, visto che fu il cassiere dei Casalesi, dei clan camorristici quello che ha fatto più soldi con la ‘munnezza. E così a partire dal 1993 riempì decine di verbali da cui è scaturito il processo ‘Spartacus’, concluso con una pioggia di condanne tra cui quelle per suo cugino ‘Sandokan’ Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti e Michele Zagaria, il ghota criminale del clan. A raccogliere le sue confessioni e a sostenere l’accusa fu l’attuale Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. “La sua collaborazione fu fondamentale – spiegò vent’anni dopo, quando Carmine morì – fu il primo esponente del clan ad aprire uno squarcio sul sistema criminale dei Casalesi. E grazie a lui scoprimmo che il clan controllava ogni attività economica nel casertano”. Tra queste lo smaltimento illegale dei rifiuti era una delle principali. La politica lo scoprì nel 1997, quando Schiavone depose alla commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti; un verbale desecretato solo nel 2013 e che contiene quelle che De Raho definì “dichiarazioni choc”, un racconto dettagliato di come furono avvelenati quei territori. “Per l’immondizia – spiegò Schiavone – entravano 100 milioni al mese, poi mi sono reso conto che il profitto era di almeno 600-700 milioni al mese”: e lì sotto “dovrebbero esserci anche rifiuti radioattivi, collocati in un terreno sul quale oggi vi sono i bufali e su cui non cresce più erba”. L’interramento dei rifiuti tossici andava avanti fin dagli anni ’80; un “buon business”, anche se “il paese sarebbe stato avvelenato” visto che gli scavi per seppellire i rifiuti, fino a 20-30 metri di profondità, “erano limitrofi alle falde stesse”. Di munnezza proveniente da tutta Italia i casalesi hanno “riempito gli scavi realizzati per la costruzione della superstrada Nola-Villa Literno” così come quelli fatti per il raddoppio della Roma-Napoli “sono pieni di bidoni con sostanze di tutti i tipi”. Ogni cava della zona è stata prima svuotata e poi riempita di rifiuti. “Nelle cave e nelle vasche ittiche”. In fondo i bidoni, in superficie l’allevamento di pesci. Quando gli inquirenti chiesero a Schiavone di quante migliaia di tonnellate di rifiuti stesse parlando, il boss rispose cosi’: “ma quale migliaia, qui si parla di milioni e milioni di tonnellate”. E cosa significasse tutto questo, in termini di salute pubblica, Carmine lo disse senza alcun dubbio. “Gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno, rischiano di morire tutti di cancro entro 20 anni, avranno forse 20 anni di vita, non credo che si salveranno”. Parole pronunciate vent’anni fa.
CRONACA
18 novembre 2018
Rifiuti: il boss e i fanghi nucleari dalla Germania. La terra dei Fuochi nei verbali del pentito Carmine Schiavone