Torre del Greco. «Non cerco vendetta, non cerco colpevoli: vorrei solo sapere cosa è accaduto realmente la notte tra il 24 agosto e il 25 agosto del 2011». Oggi Lucia Tagliamento ha 52 anni e il viso stanco di chi combatte da sette anni per fare piena luce sul tragico schianto costato la vita al figlio Ilario Aurilia, il ventitreenne noto come ‘o polacco. Stringe tra le mani la copia di Metropolis Quotidiano in cui si racconta dell’inchiesta condotta dalla procura di Torre Annunziata parallelamente alle indagini sull’incidente stradale in via Purgatorio: un fascicolo aperto a carico di un agente di polizia – accusato di avere falsificato un verbale proprio il giorno della morte del tifoso della Turris – rimasto «segreto» per anni. «I casi sono completamente diversi, ma il mio pensiero è volato subito alla storia di Stefano Cucchi – si morde le labbra la donna – Ma, in generale, in storie del genere non bisogna coprire nessuno: l’omertà e i sotterfugi sono nemici della giustizia».
La tragedia e il calvario
Giustizia. Una parola sussurrata a mezza voce da Lucia Tagliamento. Perché, in sette anni, le «anomalie» sulla tragedia costata la vita a Ilario Aurilia non si contano. A partire già dalla notte dello schianto: «Il cadavere di mio figlio fu rimosso dalla strada in due ore – ricorda la cinquantaduenne – Fu portato a casa della compagna in una bara, la figlia di 5 anni si nascose sotto il letto per la paura: la bambina è rimasta segnata, siamo dovuti ricorrere alle cure di uno psicologo». Poi, incomprensibilmente, il pubblico ministero di turno non dispose neanche l’autopsia: «Solo in un secondo momento riuscimmo a ottenere la riesumazione del corpo per procedere agli accertamenti del caso», sottolinea Lucia Tagliamento, assistita dall’avvocato Giancarlo Panariello. «A sette anni dalla morte di mio figlio, non esiste una verità processuale definitiva – evidenzia la madre di Ilario Aurilia – Secondo, la «giustizia» mio figlio sarebbe caduto da solo dallo scooter su cui viaggiava a velocità moderata e sarebbe andato a sbattere contro un palo della luce». Insomma, una caduta «solitaria» alle 4 di notte.
Il testimone a processo
Una versione dei fatti basata esclusivamente sulla ricostruzione di un presunto testimone. «Un testimone – ricorda Lucia Tagliamento – oggi rinviato a giudizio per il reato di false informazioni proprio in relazione al racconto della dinamica sulla morte di Ilario».
Il poliziotto indagato
Ora, il giallo del verbale falsificato e delle indagini a carico di un poliziotto: «Grazie alle terza riapertura delle indagini – prosegue la donna – sono venuta a scoprire che, a distanza di lunghi anni di silenzio, un testimone che era stato già ascoltato, ma che evidentemente ha riacquistato la memoria a distanza di anni, ha riferito al pubblico ministero che, poche ore dopo la morte di Ilario, si recò a casa sua un poliziotto, uno di quelli che quella tragica sera era in servizio in strada, chiedendo di risponderle a eventuali domande degli investigatori che quella sera si trovava con lei. Ora, mi chiedo, perché mai un appartenente alle forze dell’ordine, se non avesse avuto nulla a che vedere con la morte di mio figlio, si sarebbe mai dovuto prendere la briga di andare presso una casalinga e istigarla a commettere un reato». Circostanze su cui, adesso, toccherà a un gip del tribunale di Torre Annunziata – davanti a cui è stata presentata opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento avanzata dal pm Silvio Pavia – fare piena luce. «Ma chiunque abbia visto qualcosa quella notte – conclude Lucia Tagliamento – adesso parli, perché tragedie del genere non si verifichino mai più. Abbattiamo il muro di omertà».