Torre del Greco. E’ l’unico dei 14 indagati per lo scandalo del voto di scambio in occasione delle amministrative del 2018 a essere riuscito – complice un vizio procedurale – a ottenere l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonio Fiorentino del tribunale di Torre Annunziata. Già alla vigilia della festa dei lavoratori, Domenico Pesce – noto semplicemente come Mimmo – era tornato in città dopo la revoca del divieto di dimora a Torre del Greco decisa dal Riesame di Napoli. Ma proprio le motivazioni dei giudici del tribunale delle libertà sul rigetto dei ricorsi presentati da Stefano Abilitato e Simone Onofrio Magliacano – il primo ex consigliere comunale, il secondo ex assessore ai tempi del primo mandato di Ciro Borriello – allungano nuove ombre sullo sponsor elettorale del sindaco Giovanni Palomba. In attesa dei prossimi passi del procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli – l’ex pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Napoli potrebbe, a breve, firmare le richieste di rinvio a giudizio – il collegio presieduto dalla dottoressa Oriente Capozzi ha svelato il meccanismo della distribuzione dei pacchi alimentari con il marchio Unicef, scoprendo le anomalie del «tragitto» dalla cooperativa sociale Ambiente Solidale all’associazione Centro Onlus di Domenico Pesce fino ai destinatari finali.
La onlus per i voti Il primo dato messo nero su bianco dal Riesame di Napoli riguarda la «storia» dell’associazione Centro Onlus: «Tale società – si legge nelle motivazioni dei giudici del tribunale delle libertà – era operativa dal 13 febbraio 1992, ma la prima fornitura di prodotti ricevuta dalla Ambiente Solidale era risalente al 15 marzo del 2018». Ovvero, alla vigilia delle elezioni comunali. Una «coincidenza» sottolineata dal Riesame di Napoli. Pronto poi a mettere nero su bianco ulteriori numeri «sospetti».
I falsi poveri
Dalla documentazione sequestrata a ottobre del 2018 emerge come 22 nuclei familiari di soggetti bisognosi gestiti dal Centro Onlus non avessero presentato il necessario modello Isee: ai 22 nuclei familiari risultavano collegate 84 persone e, in pratica, il «numero di assistiti dichiarati da Domenico Pesce – proseguono i giudici del tribunale delle libertà – era sovradimensionato di un totale di 166 soggetti che, al momento dell’affiliazione, non potevano essere considerati indigenti almeno sotto il profilo formale». Non solo: l’associazione Centro Onlus non ha mai fornito alla polizia giudiziaria l’elenco cartaceo o informatico degli assistiti. «è evidente che tale documento non può esistere perché la Onlus – concludono i giudici – non ha mai avuto la materiale disponibilità dei nomi da inserire nell’elenco».
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