Una lucida follia. Quando Aniello Lombardi è sceso di casa con la pistola infilata nei pantaloni aveva bene in mente di utilizzarla contro Giuseppe Di Francesco, il proprietario dello chalet “Ulderico” dove sabato s’era è stato ammazzato il titolare della struttura e sono stati feriti gravemente genero e figlio della vittima. E i dettagli di quella che poteva essere una strage sono contenuti nel disperato racconto fatto dall’anziano agli inquirenti già sabato notte e ribadito ieri ai magistrati della procura della Repubblica di Nola.
«Non ce l’ho fatta più», le parole in lacrime di un uomo distrutto e roso dai rimorsi. Aniello Lombardi è seduto su una sedia scomoda, scura e di plastica, della caserma dei carabinieri di Palma Campania. Ha la testa tra le mani e gli occhi lucidi. Una lacrima gli riga il volto mentre ripete ai militari dell’Arma, coordinati dal maresciallo Nasti, tutto quello che è accaduto poco prima. E mentre ripercorre e ricostruisce i frame di una serata da incubo, tale da sconvolgere la comunità palmese. Il quadro che ne viene fuori è quello di una lucida follia, messa in atto in pochi attimi. «E’ vero che avevamo discusso in passato, ma ora sono pentito. Non avrei mai voluto arrivare a tanto. Potessi tornare indietro… », dice l’83enne accusato dell’omicidio di Giuseppe di Francesco e del ferimento di Andrea Nappo e Maria Rosa di Francesco (genero e figlio del proprietario del chiosco). «Le armi le ho sempre avute, sono un cacciatore e tengo pure i permessi. Non sono mica un criminale», ammette mentre prova a giustificare la presenza di fucili e pistole semiautomatiche trovate all’interno dell’appartamento al momento della perquisizione. «Non volevo, non volevo», ha ripetuto per tutta la notte agli uomini in divisa. Parole che non gli sono bastate a evitare il carcere, per i magistrati la cella di Poggioreale è un posto più sicuro di casa sua vista la folla di gente pronta a linciarlo quando è stato arrestato dai carabinieri.