Di Carla Freddo
Ai cancelli dell’arena Visarno c’è un caldo bestiale. Sono le 15.00 e cerco di conquistare un posto fresco, grondante litri di sudore, ma non importa. In questi casi non riesci a pensare ad altro che all’emozione di vedere i tuoi artisti preferiti e non c’è freddo, caldo, gelo, raggi gamma che tengano. Il look predominante è chiaramente il total black, con l’immancabile make-up alla Robert Smith (rossetti, mascara, smalto rigorosamente nero). Tutto bello, ma con questo caldo asfissiante sto male per loro. Per la serie “personaggi che si incontrano al concerto dei Cure” è stato divertente notare alcuni darkettoni 40/50enni in preda ai bollori togliersi la maglietta mostrando la ciccia; altri, con evidenti problemi di calvizie, non hanno rinunciato al ricordo della loro chioma fluente, di cui rimane qualche ciuffo raccolto da una penosissima coda. Bisogna dirlo, sono invecchiati malino. Compresi quelli con le crestine punk ormai brizzolate. Tanta ammirazione per le donne, invece, che pur di non tradire il dress code non rinunciano alle loro ormai incandescenti e soffocanti calze nere. Respect. Ma la vera sorpresa sono le fasce d’età, ben tre generazioni al seguito. Dopo 40 anni di gloriosa carriera i Cure mettono insieme anche le famiglie e in platea non mancano papà e mamme che accompagnano i loro figlioletti di 16 anni superfan di Robert Smith come loro. Un fatto positivo: vuoi vedere che forse il mercato musicale – come si paventa da anni – non è solo una questione di social, like e visualizzazioni? Ore 16,00: iniziano i live. I primi ad esibirsi sono i Siberia, quartetto toscano new wave/cantautorale, poi è il turno dei Balthazar, una pop band belga uscita l’inverno scorso con “Fever”. Funzionano: le influenze funk si aggrappano a corpose linee di basso. Il groove è pazzesco. E’ la volta degli Editors, una signora (brit) band che spacca come al solito. Peccato per la durata del set, appena 9 brani tra sonorità digitali, sintetizzatori e ritmi che risaltano le doti vocali di Tom Smith (uno gnocco da paura, diciamocelo). Si parte con “Violence”, poi la celebre “Papillon”, “A Ton of Love”,” Munich”, “An End Has a Start”, “Magazine”, “Sugar”, “The Racing Rats” e “Frankenstein”. Dopo gli Editors penso “che palle ora suonano i Sum41 che vogliono fare ancora i ragazzacci e ci rifilano quel teen punk rock anni 90′ che funzionava solo all’epoca e solo a quell’età”. E invece? E invece, niente. Solito teen punk rock anni 90′, però mi diverto lo stesso. Batteria tosta, assoli di chitarra superveloci e il cantante smilzo che si agita come un folletto pazzo. Il sole finalmente cade giù, cedendo il posto a un’immensa luna piena. Le “night creatures” escono nelle tenebre. I fari sorvolano l’Arena, cambiopalco nel buio, poi luci bianche, ombre nel fumo. E’ arrivato il momento che tutti aspettano. E io mi fermo. Signore e signori, sua maestà The Cure.