Torre del Greco. «S’appaura, ma nun s’arrenn», recita una nota locuzione dialettale solitamente utilizzata per i bambini pronti a sfidare qualsiasi pericolo per inseguire nuovi giochi. Il sindaco Giovanni Palomba non è un bambino e l’esperienza in cui è stato catapultato il 24 giugno del 2018 – il giorno della vittoria al ballottaggio con Luigi Mele, candidato con il centrodestra – non è propriamente un «gioco».
Eppure, il detto «s’appaura, ma nun s’arrenn» sembra calzare a pennello allo storico figlioccio della Dc all’ombra del Vesuvio. I cui timori per le ombre allungate su palazzo Baronale dalle indagini aperte dalla procura di Torre Annunziata e non solo – a partire dall’inchiesta-madre sullo scandalo del voto di scambio per finire ai vari filoni legati a vicende del passato – sono noti, così come la sua ostinazione a difendere le proprie scelte politiche: era capitato con Vincenzo Sannino – l’assessore ai lavori pubblici raggiunto da 4 avvisi di garanzia in dieci mesi, eppure sempre confermato in giunta fino alle sue dimissioni – e succede con Andrea Formisano, il neo-dirigente alle politiche sociali accusato di abuso d’ufficio in merito alla gestione del centro anti-violenza tra il gennaio del 2016 e il novembre del 2016. «L’ex capo dei vigili urbani non si tocca, resta regolarmente al suo posto», la linea dettata dal primo cittadino.
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