Torre del Greco. Se qualcuno si fosse chiesto le ragioni per cui la tremebonda amministrazione comunale targata Giovanni Palomba resta alla guida di palazzo Baronale con buona pace degli scempi e degli scandali accumulati in un anno, avrebbe trovato la risposta all’interno della sede del Partito Repubblicano Italiano. Dove Luigi Mele – l’ex delfino di Ciro Borriello uscito sconfitto dal ballottaggio con lo storico figlioccio della Dc all’ombra del Vesuvio – aveva convocato gli «stati generali dell’opposizione». Arrivando a mettere insieme, tra assenti «giustificati» e fuggitivi last-minute, meno dei quattro amici al bar resi celebri da Gino Paoli. Insomma: se Atene piange, Sparta non ride. E Torre del Greco sembra destinata a una lunga stagione di sofferenze.
Il tavolo nel deserto
All’appello lanciato da Luigi Mele avevano risposto «presente» tutte le opposizioni di palazzo Baronale salvo gli esponenti del M5S. Pronti a chiarire – attraverso una nota di Vincenzo Salerno e Santa Borriello – la propria indisponibilità a dialogare con i «superstiti» della precedente squadra di governo cittadina e gli ondivaghi rappresentanti del Pd, ritenuti entrambi responsabili dell’attuale disastro. Alla fine, invece, Valerio Ciavolino è stato costretto a dare forfait per ragioni familiari e l’ex senatore Nello Formisano non ha ritenuto opportuno – bontà sua – mettere a disposizione la propria «esperienza» al servizio della minoranza. In compenso all’appuntamento si sono presentati i Giovani Democratici di Domenico Colantuono, gli unici – insieme al «reggente» Antonio Cutolo – a non essere al corrente del ruolo-chiave interpretato dal Pd all’interno della carovana del buongoverno guidata da Giovanni Palomba.
Un buco nell’acqua
Alla fine, la riunione delle minoranze si è trasformata – come abitualmente accade in consiglio comunale – in un buco nell’acqua. «Lo scopo è incontrarsi periodicamente tra noi per poi organizzare un confronto con la cittadinanza tra settembre e ottobre», le parole di Luigi Mele. Con tutta calma, insomma. D’altronde, ci sarà bisogno di tempo per mettere insieme una vera opposizione a Giovanni Palomba & company: «I grillini e il senatore Nello Formisano hanno gettato la maschera dell’ipocrisia – prova a svicolare l’ex assessore ai lavori pubblici – I primi hanno preferito l’ambiguità, mentre Nello Formisano ha semplicemente confermato il comportamento tenuto in ogni consiglio comunale. Cioè la sua aderenza alla maggioranza cittadina». Ugualmente imbarazzata l’ex vicesindaco Romina Stilo: «Evidentemente è difficile coordinare varie forze politiche e della società civile – la premessa del capogruppo di Azione Torre, in aula con Mario Buono – ma per amore della città è indispensabile provare. Anzi, per salvare Torre del Greco dobbiamo essere un’unica voce. Invece, qualcuno già si è tirato fuori dal coro: l’assenza degli esponenti del M5S è sconcertante, non si può lavorare con esponenti politici senza carattere. A livello nazionale sono stati responsabili di gravi errori, ma a livello comunale mi aspettavo un contributo maggiore. A quanto pare, invece, non sono capaci di mettere da parte pregiudizi inconsistenti per il bene della città. D’altronde, non ricordo contributi di sorta dell’onorevole Luigi Gallo, al suo secondo mandato, al nostro territorio».
I pesci fuor d’acqua
Ugualmente imbarazzante la posizione dei Giovani Democratici. Solo al proprio arrivo all’interno della sede del Pri, Domenico Colatuono ha «scoperto» di essere a un tavolo di centrodestra. Le restanti forze di sinistra – a partire dalle «colonne d’argilla» del Pd, i Soloni incapaci perfino di presentare una lista alle elezioni del 2018 – sono, infatti, salite sulla carovana del buongoverno. «Mi sono trovato politicamente e personalmente a disagio – la riflessione post-incontro di Domenico Colantuono – Sono uscito dalla sede del Pri con un’idea chiara: c’è bisogno di riunire, seriamente, le forze di sinistra della nostra città». In fondo, la «caccia al tesoro» resta tra i giochi estivi preferiti dai giovani. Democratici e non.
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