Da un lato Pompei e i suoi 3 milioni e mezzo di visitatori all’anno. Dall’altro una serie di siti, cosiddetti minori, che però rappresentano dei piccoli gioielli di arte e archeologia che dovrebbero essere tutelati e valorizzati. Un fascino indiscutibile quello di Pompei che, insieme ad Ercolano, attrae turisti, visitatori e personaggi famosi. Ma se Leonardo Di Caprio è la cartina di tornasole di un parco archeologico che, grazie a un’attenta gestione comunicativa, sforna primizie giornalistiche e scoperte sensazionali una volta ogni due mesi, vi sono anche realtà di pari valore, bellissime nella loro semplicità che finiscono nel dimenticatoio. Il caso Castellammare. Da Villa Arianna e villa San Marco sono spuntati fuori quasi ottomila reperti di bellezza e di valore unico. Si tratta di opere che, anche grazie alla fragilità (per usare un eufemismo) ed alla incapacità delle amministrazioni comunali non riescono a trovare una collocazione per essere viste e godute dal grande pubblico. Beni che finiscono per andare in giro per il mondo senza tornare mai in quella che, invece, dovrebbe essere la loro casa. Degli Scavi di Stabiae, poi, non vanno dimenticati i ritardi nei restauri. La rinfrescata che hanno fatto nei mesi di chiusura a villa Arianna è giusto una spolverata. Qualche muretto ridipinto, eliminate vecchie protezioni degli affreschi, ma i mosaici erano e restano in pessimo stato. E la villa Secondo Complesso resta sempre parzialmente interdetta alla visita, con coperture fatiscenti e obsolete. Le centaure di Oplonti. La statua dell’Efebo, le due preziosissime Centaure. Il tenerissimo Puttino con l’oca e la Venere, che in tutti questi anni sono stati esposti al pubblico solo una volta. Sono solo alcune delle bellezze che da Villa di Poppea sono state portate alla visione del grande pubblico in rarissime circostanze. Dei capolavori che la storia archeologica ha consegnato e che, invece, i turisti che arrivano a Torre Annunziata non possono godere. E poi ancora i vetri delicati delle ampolle, un tempo ricche di oli e profumi. E poi gli ori strepitosi, dalle fastose collane agli orecchini, i pendenti, i bracciali, le fibule. Tutto materiale che è rimasto per decenni nel chiuso di magazzini e depositi. Tornato alla luce, solo qualche tempo fa in occasione del tesoro di Oplontis, una mostra esposizione a Palazzo Criscuolo. Poi, passata la mostra, tutto è tornato rigorosamente nel silenzio. Il fenomeno Antiquarium.Per allargare il numero di turisti all’Antiquarium di Boscoreale, qualche anno fa venne anche inaugurata in pompa magna una stazione della Circum. Oggi, esempio di cattedrale nel deserto, dal momento che mancano serie politiche culturali di valorizzazione del sito. Poggiomarino ignorata. Da anni si discute di Longola, della Venezia del passato, e dei progetti e dei piani per renderla appetibile dopo averla riaperta al pubblico. Anche in questo caso, però, parliamo di chiacchiere e di parole al vento, dal momento che nulla materialmente si è mosso per mettere a disposizione del grande pubblico il sito di Poggiomarino. I rischi per il turismo. Il turismo mordi e fuggi che distrugge le velleità di città come Pompei si combatte solo creando una rete turistica capace di attrarre e far restare sul territorio il più possibile quei milioni di turisti che, dopo aver visto Vesuvio e Scavi di Pompei, scappano verso la penisola o in altre realtà. Sono in tanti, infatti, a ritenere che l’assenza di una dimensione strategica degli investimenti rischia di creare solo l’esplosione di un sito a danno di tutti quanti gli altri.
Vincenzo Lamberti