CASTELLAMMARE DI STABIA – Da vittime di estorsioni, a imprenditori pronti a mettersi “a disposizione” del clan per fargli chiudere buoni affari e magari strappare l’amicizia dei criminali. Il passo diventa breve a Castellammare di Stabia e alle tante indagini che già raccontano dei rapporti deviati tra la camorra e la società civile, adesso si aggiunge anche quella sulla cosca che gestisce l’affare dello spaccio di sostanze stupefacenti al rione Savorito. L’inchiesta che ha portato all’arresto in carcere di nove persone, oltre al divieto di dimora in Campania per altri tre indagati, evidenzia ancora una volta quell’atteggiamento orientato verso l’omertà degli imprenditori di Castellammare di Stabia, che finisce con l’alimentare la crescita delle organizzazioni criminali sul territorio.
Il patto
Il riferimento, in particolare, è all’imposizione di una fornitura di estintori a una società che si occupa del trasporto su gomma di studenti e pendolari. A presentarsi al cospetto dell’imprenditore che gestisce questo servizio è Michele Imparato, fratello di Salvatore, boss del rione Savorito. Tramite un amico – sempre titolare di un’azienda – che fa da intermediario, riesce a strappare un appuntamento con il responsabile della ditta di trasporti. E nel corso di quell’incontro propone subito di chiudere l’affare per la fornitura degli estintori e i dispositivi antincendio necessari per garantire la sicurezza dei passeggeri e degli autisti sui pullman. Il primo appuntamento va male, perché l’imprenditore racconta di avere un accordo decennale con un’altra azienda che fornisce gli stessi prodotti e non è intenzionato a cambiare arrivando ad accusare Michele Imparato «mi pare che me li stai imponendo». A quel punto, il ras del rione Savorito si alzò e andò via. Ma dopo qualche giorno il cellulare tornò a squillare e dall’altra parte del telefono c’era proprio il titolare dell’azienda di trasporti, che addirittura gli propone un affare. Non solo la fornitura per i suoi pullman, ma anche per tutte le altre aziende – circa 35 – che fanno parte di un consorzio regionale.
A patto però che i prezzi praticati dalla Effedi Antincendi siano buoni. «Ora vuole fare il cumpariello, evidentemente si è informato», commenta Michele Imparato con l’imprenditore Domenico Fortunato, titolare dell’azienda che si occupa della fornitura di dispositivi di sicurezza. Una vicenda che secondo la Procura Antimafia è riconducibile a un’estorsione messa a segno ai danni del titolare della ditta di trasporti, nell’ottica di quel disegno criminale messo in atto per estromettere dal mercato tutti i competitor e conquistare il monopolio del settore: «A Castellammare devono esserci solo gli estintori dei paglialoni». Secondo il gip, invece, per quanto riguarda l’episodio della ditta di trasporti, è possibile che l’imprenditore avesse scelto la Effedi Antincendio solo perché avrebbe avuto la possibilità di risparmiare. Ma dai diversi episodi ricostruiti dagli investigatori emerge soprattutto l’omertà degli imprenditori che in alcuni casi – come ad esempio per la società che gestisce il porto turistico – provarono addirittura a fingere di non avere archiviato il contratto sottoscritto con la ditta che forniva gli estintori. Una ricostruzione che conferma anche il clima di paura che regna in una città dove la pressione criminale è alle stelle e in tanti si piegano alla camorra che prova a infiltrarsi nell’economia reale, attraverso i modi più disparati. Come ad esempio quello della fornitura di dispositivi per la sicurezza.