Non si fermano i disastri ambientali in Italia. Magari non sono più giganteschi come quello di Seveso o di aree martoriate come la Terra dei Fuochi in Campania, il Vicentino degli Pfas o il petrolchimico a Gela. Ma l’attacco all’ambiente di aziende irresponsabili o smaltitori senza scrupoli continua. L’Ispra, il centro studi del Ministero dell’Ambiente, ha accertato ben 30 casi di gravi danni ambientali in Italia nel 2017 e 2018. Nel suo primo ‘Rapporto sul danno ambientale’, presentato oggi alla Camera, racconta che nel biennio sono stati segnalati 200 casi al Ministero dell’Ambiente dalle Arpa regionali e dall’Ispra stesso, che insieme formano il Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (Snpa). A seguito delle segnalazioni, sono state aperte 161 istruttorie. E i danni gravi sono stati riscontrati in una trentina di siti. Tra questi, le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, quelle di Malagrotta e Anagni nel Lazio, quella di Bellolampo in Sicilia, le emissioni della Tirreno Power a Vado Ligure e Quiliano, l’interramento di liquami, fanghi e scarti di lavorazione a Rende in provincia di Cosenza. I 30 casi hanno interessato soprattutto le acque sotterranee (32%), laghi e fiumi (23%), i terreni (19%) e l’atmosfera (13%). La Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (29), seguita da Campania (20), Lombardia (14), Puglia e Umbria (13 a testa). Seguono Abruzzo (11), Toscana (11), Lazio (10), Liguria (10).
Le attività che potenzialmente possono portare a danno ambientale sono risultate soprattutto quelle svolte dagli impianti di depurazione e di gestione dei rifiuti, dai cantieri edili e di realizzazione delle infrastrutture, dagli impianti industriali. Una delle aziende citate dal Rapporto, Tirreno Power, respinge però le accuse: “E’ incomprensibile – scrive in un comunicato – come Ispra pubblichi oggi un elenco che cita l’impianto a carbone della centrale di Vado Ligure, spento dal 2014, sostenendo fatti che non si sono verificati e che sono smentiti dalle stesse autorità regionali per l’ambiente. Non è vero che vi siano stati effetti dannosi sulla qualità dell’aria”, come conseguenza dell’attività della centrale. “Questa affermazione è smentita dai dati ufficiali di Arpal – sostiene Tirreno Power -, secondo i quali la qualità dell’aria è rimasta sostanzialmente uguale anche dopo lo spegnimento dell’impianto”.