di Rocco Traisci
“Sono nato nel 1945, anno della fine della guerra, da padre americano e madre napoletana. Sin da piccolo ho sempre cercato di contrastare quello che ritenevo ingiusto, primo fra tutti il pregiudizio. Sicuramente il colore della mia pelle ha contribuito a sviluppare questo sentimento. Immaginatevi come poteva sentirsi nel 1960 un ragazzo di 15 anni napoletano guardandosi allo specchio, vedendosi diverso dai miei coetanei, e da quello che la società del dopoguerra imponeva”. Così scrive James Senese nelle note che annunciano la chiusura del tour il prossimo 25 ottobre al Teatro Acacia di Napoli (in via Raffaele Tarantino, 10) per festeggiare i suoi 50 anni di carriera nell’ambito della rassegna “SYNTH – Jazzin’ Zone”. In questa speciale occasione verranno anche realizzate delle riprese che faranno parte di un film biografico che uscirà nella primavera del 2020. Dal debutto con gli Showmen negli anni ’60 all’avanguardia dei Napoli Centrale, il sassofonista ha festeggiato i propri cinquant’anni di carriera sui palchi di tutta Italia, regalandosi e regalando al suo pubblico un doppio album antologico dal vivo, “Aspettanno ’O Tiempo”.Il suo pubblico unisce padri e figli in un rito che trascende il semplice concerto, James coi suoi settantaquattro anni miscela i vari stilemi jazz, funk, africa con la radice musicale partenopea. “Avevo bisogno di tornare alla fonte del sound e del feeling dei Napoli Centrale degli esordi, quando decidemmo di creare una band che in Italia non esisteva e che proponesse tutta la musica che amavamo, molta della quale proveniente dagli Stati Uniti, e che si ispirava alle rivoluzioni stilistiche e culturali di Miles Davis e John Coltrane. In questo tour do veramente tutto me stesso, la mia musica, la mia anima, a chi mi segue dall’inizio o mi ha scoperto da poco. La musica è il mezzo più efficace per compiere incredibili rivoluzioni”.“E’ molto difficile parlare di se stessi – commenta ancora James – nonostante la mia musica da molti anni dica chi sono, meglio di tante parole. Sono arrivato all’età di 73 anni felice di questo traguardo. Il tempo è una cosa che assume significato col passare degli anni; da giovane ci fai poco caso, non te ne curi. Ma poi quando comincia a correre cerchi di fissarlo, di rallentarlo. Io lo faccio armato di sax, lo strumento che ha cambiato per sempre la mia vita. Lì ho condensato tutte le mie angosce, le mie paure, soffiandole via, letteralmente. Ho capito che potevo liberarmi di tutti i problemi, che potevo scacciare i timori che attanagliavano la mia anima. Sono di famiglia modesta, per non dire povera. Suonando decisi che avrei voluto parlare degli ultimi, di quelli che non ce la fanno, di quella parte di popolo che vive a testa bassa per portare a casa la pagnotta; ma avrei anche voluto parlare di amore e rispetto per le persone”.