MILANO – E’ arrivato al settimo piano del Palazzo di Giustizia di Milano per l’interrogatorio di garanzia, davanti al gip Guido Salvini, Fabio Manduca, il 39enne ultrà napoletano arrestato venerdì scorso con l’accusa di omicidio volontario per aver investito e ucciso Daniele Belardinelli all’inizio degli scontri tra ultras del 26 dicembre scorso prima di Inter-Napoli. Manduca, che, stando all’ordinanza, avrebbe anche legami con clan della camorra, oltre che con i leader del gruppo ultrà del Napoli chiamato ‘Mastiffs’, è difeso dal legale Dario Cuomo. Per due volte, nel corso delle indagini, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti a inquirenti e investigatori.
“Qual omicidio, chill se vuttat iss annanz a machin, frà” (quale omicidio, quello si è lanciato lui davanti alla macchina, fratello, ndr)”, diceva Manduca intercettato, il 6 aprile, ad un amico, una telefonata dalla quale, per il gip, “emerge con chiarezza che Manduca ha piena consapevolezza dell’investimento”. L’intercettazione è una delle prove a carico dell’ultrà napoletano, assieme alle “ammaccature” della sua Renault Kadjar, al lavoro fatto dalla Digos nel ricostruire minuto per minuto la ‘guerriglia’ (finora anche 5 condanne per rissa e un patteggiamento) e l’investimento di Belardinelli, all’incrocio delle varie versioni nei verbali.
In sostanza, nell’interrogatorio davanti al gip, Manduca, rispondendo per meno di un’ora alle domande, alla presenza anche del pm Rosaria Stagnaro, e con qualche dichiarazione spontanea, ha negato di essere stato lui ad investire Belardinelli, spiegando che lui, con la sua Renault Kadjar all’inizio degli scontri di via Novara, è “andato dietro alla volante della polizia”, che seguiva una parte della carovana degli ultrà del Napoli. Inizialmente, Manduca, assistito da un legale d’ufficio perché i suoi legali di fiducia non si sono presentati, ha detto che non voleva rispondere e poi, invece, ha cercato di difendersi. Ha confermato che era alla guida della Kadjar, ma ha anche sostenuto di non essere “un vero ultrà, non sono un ultrà del Napoli, anzi mi piace l’Inter, ho preso anche la tessera il 21 dicembre”, ossia cinque giorni prima della ‘guerriglia’ non lontano da San Siro. “Sono anche andato a vedere Barcellona-Inter a Barcellona”, ha aggiunto. Degli altri quattro che erano in macchina con lui, “io conoscevo solo Giancarlo Franco (fratello di Vincenzo, uno dei leader della curva del Napoli, ndr), sono un suo amico – ha detto Manduca, con una dozzina di condanne alle spalle, anche per truffa e ricettazione – gli altri tre li ho conosciuti quella mattina”.
Il 7 gennaio scorso, sentito come teste, Manduca aveva, però, raccontato di aver superato accelerando “due minivan” quella sera. Poi, interrogato da indagato, si era avvalso per due volte della facoltà di non rispondere. Manduca, stando all’ordinanza, avrebbe anche legami con clan della camorra, oltre che con i leader del gruppo ultrà del Napoli chiamato ‘Mastiffs’. “Qual omicidio, chill se vuttat iss annanz a machin, fra’ (quale omicidio, quello si è lanciato lui davanti alla macchina, fratello, ndr)”, diceva Manduca intercettato, il 6 aprile, ad un amico, una telefonata dalla quale, per il gip, “emerge con chiarezza che Manduca ha piena consapevolezza dell’investimento”. L’intercettazione è una delle prove a carico dell’ultrà napoletano, assieme alle “ammaccature” della sua Renault Kadjar, al lavoro fatto dalla Digos nel ricostruire minuto per minuto la ‘guerriglia’ e l’investimento di Belardinelli, all’incrocio delle varie versioni nei verbali.