Fino allo scorso luglio era una barca che portava decine di migranti siriani, curdi e afgani che pagavano 5000 euro a testa per viaggiare di notte dall’Albania alle coste della Puglia. Oggi la Blue Marlin II è ancorata al porto di Napoli e sarà la barca su cui ragazzi minorenni partenopei condannati per associazione camorristica, rapine, spaccio, cominceranno a costruirsi una vita diversa attraverso il mare. E’ il progetto lanciato dall’Associazione Jonathan che da anni lavora a Napoli per il recupero e l’inclusione sociale dei minori e giovani adulti in misura cautelare o in messa alla prova. La Blue Marlin è una barca a vela, modello Feeling 446 di 14 metri, sequestrata dalla Guardia di Finanza di Gallipoli a un gruppo di scafisti albanesi che trasportavano 57 migranti. “Quando abbiamo saputo del sequestro abbiamo fatto richiesta alle forze dell’ordine di Gallipoli – spiega Silvia Ricciardi di Jonathan – e la barca ci è stata assegnata dall’Autorità Giudiziaria di Taranto.
Da 11 anni facciamo progetti sulle barche con i ragazzi e siamo pronti a proseguire con maggiore intensità con la nuova imbarcazione”. I ragazzi attualmente in comunità sono otto che stanno già lavorando al rimessaggio e alle piccole riparazioni di cui ha bisogno la barca. Da gennaio saranno in mare per perfezionarsi nei mestieri della vela e per partecipare alle regate in programma in primavera nel Golfo di Napoli. A lanciarli è Franco Roberti, europarlamentare ed ex capo della direzione nazionale antimafia: “Lo sport è un mezzo di apprendimento delle regole -spiega – ma anche di riscatto.
La vela ti fa sentire responsabile per gli altri e quindi costruisce una comunità del sentire che si fa con la cultura e i valori. Ci vorrebbe un maggiore impegno dello Stato in queste iniziative che sono fondamentali nella prevenzione del crimine, non basta solo investire in repressione”. L’associazione è impegnata nella rieducazione di giovani difficili, che in questi anni hanno anche costituito il fulcro delle “paranze dei bambini” che hanno imperversato nella criminalità partenopea. Negli ultimi 10 anni sono circa 70 i giovani condannati che hanno lavorato in barca. “Mettiamo insieme due mondi – racconta Enzo Morgera dell’Associazione Jonathan – quello della società civile che i nostri ragazzi per anni hanno visto come una preda. E loro da quella società sono stati conosciuti solo attraverso le cronache giudiziarie. Ora si incontrano perché abbattendo i pregiudizi reciproci inizia un percorso nuovo”. Il progetto è stato subito accolto dal presidente dell’Autorità Portuale Pietro Spirito e la barca sarà ancorata alla Darsena Acton. Ma ora l’associazione Jonathan guarda anche più in là a un futuro lavorativo per i giovani: “L’ipotesi è di offrire servizi – spiega Morgera – per il turismo sostenibile, siamo pronti a questa sfida per costruire un’opportunità per i ragazzi”.