Una notizia “molto importante che implicherebbe conseguenze positive”. Secondo Massimo Galli, docente di malattie infettive e primario dell’ospedale Sacco di Milano, se fosse confermata, l’individuazione del ‘nesso’ tra i casi da nuovo coronavirus in Lombardia (Codogno) e quelli in Veneto (Vò), consentirebbe di stabilire di poter ricondurre l’epidemia a un unico focolaio rendendone, di conseguenza, meno complesso il contenimento.
Il ‘collegamento’ sarebbe un agricoltore 60enne di Albettone (Vicenza), frequentatore dei bar di Vò, che era stato nelle scorse settimane a Codogno e in altri centri del lodigiano, interessati dall’epidemia in Lombardia. L’uomo accusa ora dei sintomi ed è stato sottoposto ai test, di cui si attende l’esito. “Se tutto ciò fosse confermato – spiega Galli – significherebbe dover fronteggiare le diramazioni di un solo focolaio e non, come si poteva aver ragione di temere, due focolai con origine indipendente, uno per la Lombardia e uno per il Veneto. Il che renderebbe più facile circoscrivere la situazione in Veneto, partendo dai contatti di questa persona da cui avrebbe avuto origine tutto”.
Quanto alla Lombardia, “la situazione appare più complessa, anche perché – rileva Galli – non è semplice risalire al ‘paziente zero’ che ha infettato il 38enne di Codogno e ai primi ‘passi’ dell’epidemia”. Proprio a Codogno, chiarisce, “l’ospedale ha fatto da inconsapevole amplificatore, ma non è stato la sorgente dell’infezione. Hanno solo ricevuto e curato un paziente per il quale non avevano alcun elemento che li portasse a pensare che fosse portatore dell’infezione, stante la definizione di caso sospetto della Organizzazione mondiale della sanità”.
L’auspicio ovviamente è che i contagi in Lombardia si arrestino, ma “se ci saranno altri casi nei prossimi giorni – afferma Galli – va detto che questi non saranno espressione di nuovi contagi, bensì l’espressione di infezioni che si sono verificate nelle scorse settimane”. Infatti, conclude l’infettivologo, “è possibile che l’epidemia nell’area dati almeno dalla fine di gennaio”. La conferma di un unico focolaio rappresenterebbe una “ottima notizia” anche per Pierluigi Lopalco, professore di Igiene all’Università di Pisa. Infatti, spiega, “più noi riusciamo a dare un’interpretazione alla diffusione di questi casi, migliore sarà la nostra conoscenza sull’evento e le risposte da mettere in campo”.
Quello che ora è “importante sapere, anche per programmare l’attività dei prossimi giorni, è proprio se si tratti di un unico evento o focolaio, che si è poi allargato in tutto il Nord-est con delle code anche in Emilia e altre Regioni del Nord, oppure – conclude – se l’epidemia nel Nord-est sia il risultato di una circolazione silenziosa del virus sempre in quelle zone che è stata però innescata da più punti”.