Le rivolte dei giorni scorsi hanno portato all’attenzione il dramma delle carceri italiane. Rischio contagi, diminuzione dei colloqui con i familiari: le prigioni italiane sono una polveriera. E di questa situazione ha preso consapevolezza anche il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Che, ieri, rispondendo alla Camera durante il question time sulla diffusione del Coronavirus tra i detenuti nelle carceri ha reso pubblico un primo dato. “Allo stato attuale risultano 15 contagiati” le parole del Ministro che, subito dopo, ha anche reso pubblico il numero dei detenuti che potrebbero andare ai domiciliari. “Sono 6000 quelli che passeranno alla detenzione domiciliare. Ma questo “dipenderà da diversi requisiti e variabili (come per esempio, il domicilio idoneo) che dovranno essere accertati dalla magistratura” le parole di Bonafede, rispondendo a un’interrogazione sull’impatto del dl, che prevede la detenzione domiciliare per reati non gravi con residuo di pena di 18 mesi. Misura di cui ad oggi hanno beneficiato “circa 50 detenuti”“Dalle interlocuzioni con il Ministero dell’Interno emerge, fino al 15 maggio, l’effettiva disponibilità di 2600 braccialetti elettronici da installare in via progressiva settimanalmente. Questi braccialetti, ha chiarito il ministro, “non hanno costi ulteriori, in quanto compresi nel contratto triennale, siglato nel 2018, per un valore complessivo di 23 milioni di euro”.
I numeri. “Nelle prime tre settimane di marzo c’è stata una riduzione della popolazione detenuta in carcere, passata dai 61.235 ai 58.592 effettivi nelle camere di detenzione”, con una riduzione di 2.643. Questo è dipeso prevalentemente dalle leggi vigenti prima del dl Cura Italia, che ha avuto “un’incidenza stimata di circa 200 detenuti” l’analisi di Bonafede. Che si è soffermato anche sul tema dei minorenni che si trovano nei centri di prima accoglienza: “Sono stati già acquisiti dall’amministrazione penitenziaria e da quella della Giustizia Minorile, a seguito di donazione, 1.600 telefoni cellulari e altri 1.600 sono in via di acquisizione. Inoltre, abbiamo previsto e stiamo implementando la possibilità di effettuare i video-colloqui senza alcuna spesa per tutti i detenuti; l’incremento della corrispondenza telefonica, che sarà effettuata gratuitamente; l’utilizzo senza costi del servizio di lavanderia; la possibilità di ricevere vaglia postali on line; l’aumento dei limiti di spesa per ciascun detenuto” l’impegno del Guardasigilli. Che è tornato anche sul tema della sicurezza. “Alla data del 19 marzo il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha consegnato ai Provveditorati Regionali quasi duecentomila mascherine (199.127), nonché 768.889 guanti di gomma monouso. Lunedì scorso sono state richieste al Comitato operativo del Dipartimento della Protezione Civile altre 150.000 mascherine di tipo chirurgico da distribuire agli istituti penitenziari” le parole di Bonafede sulla fornitura di mascherine nelle carceri per l’emergenza Coronavirus. “Il Dipartimento sta già impiegando il massimo sforzo – ha poi assicurato il Guardasigilli – al fine di agevolare la produzione delle mascherine negli istituti penitenziari, grazie al lavoro dei detenuti. Allo stato attuale la capacità produttiva si attesta intorno alle 8.000 mascherine chirurgiche al giorno che, dopo le necessarie validazioni, potranno rappresentare un evidente incremento della dotazione”.
Le reazioni.“La risposta all’emergenza coronavirus nelle carceri stata inadeguata. Ora chiediamo di porre rimedio attraverso tre semplici mosse: dotare le persone di dispositivi di protezione individuale, fare un vero provvedimento che alleggerisca i carceri, con l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione, e rimuovere il capo del Dap, per dare una linea di comando adeguata alla crisi che stiamo vivendo”. La critica del deputato di Italia Viva Gennaro Migliore. Critiche che vengono condivise anche dal personale della polizia penitenziaria attraverso i suoi organismi sindacali. A Poggioreale, intanto, è arrivato anche il termoscanner per misurare la febbre ai detenuti: “E’ una delle misure richieste a gran voce che occorrono per evitare il dilagare del contagio nelle carceri, dove resta ancora un miraggio la dotazione di dispositivi di protezione individuali (D.P.I.) e nessun riscontro vi è stato rispetto alla necessità di sottoporre a tampone il personale di polizia penitenziaria e il restante che opera all’interno delle carceri a prescindere dall’esposizione o meno al rischio contagio” l’accusa del presidente dell’Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria (USPP) Giuseppe Moretti e il segretario regionale della Campania, Ciro Auricchio.