Nino Di Somma
Il 4 maggio e per i napoletani non è soltanto l’inizio delle cosiddetta “fase2” del lockdown, tuttavia lasciando delusi chi sperava nella fine delle restrizioni domiciliari, ma è una data storica, cui è legata anche una canzone del repertorio classico partenopeo di inizio secolo oltre che un detto popolare che via via è stato inserito in tante commedie teatrali e anche in un brano di Pino Daniele. Andiamo per gradi e facciamo un passo indietro, in pieno vicereame spagnolo. Fino al 1611, la data per i rilasci degli immobili e in generale per effettuare i traslochi era quella del primo maggio. Non pensiamo al giorno d’oggi, con contratti scritti e durata stabilita per contratto o per legge. La durata consuetudinaria delle locazioni senza determinazione di tempo, che oggi ci sembra anacronistica, era la regola. Nel 1611, il viceré spagnolo Don Pedro Fernandez de Castro y Andare, conte di Lemos, spostò la data dal primo al quattro maggio. Quel giorno, l’intera città era invasa da carrettini colmi di masserizie, che andavano da una parte all’altra della capitale del vicereame. Col passare degli anni, le locazioni e gli affitti sono stati regolati dalle leggi e pertanto gli usi hanno avuto uno spazio e un’importanza sempre minore. Il quattro maggio, però, è sopravvissuto, tanto che ancora oggi, in napoletano, fare “o quatto ‘e maggio” sta ad intendere un trasloco particolarmente faticoso o in senso lato una fatica fisica spossante.Il quattro maggio ha trovato una sua collocazione anche nella canzone napoletana, grazie ad Armando Gill. Il grande autore napoletano, nel 1918 scrisse versi e musica di “O quatto ‘e maggio”, una canzone che narra le disavventure di un piccolo commerciante. Il protagonista non fa in tempo a godersi prima il negozio, poi la piccola casa, infine la compagna, che deve rinunciare alle gioie della vita. Un proprietario esoso prima e i capricci della donna in ultimo, lo costringono a piegarsi alle avversità, quasi con rassegnazione di fronte all’ineluttabile destino. Ogni strofa si chiude con “core fatte curaggio, sta vita è nu passaggio, facimmece chist’atu quatto e maggio”. Nello stesso anno, Armando Gill (pseudonimo di Michele Testa) scrisse un successo in italiano, la celebre Come pioveva. Va detto che il quattro maggio è presente anche nella rappresentazione teatrale. L’autore napoletano Diego Petriccione, giornalista e critico d’arte, scrisse, nel 1931, una commedia intitolata “O quatto e maggio”, che narrava degli artifizi di un imbroglione per intrufolarsi negli appartamenti e non pagare la pigione. La trasposizione cinematografica dell’opera è il film “Non mi muovo”, del 1943, diretto da Giorgio Simonelli e interpretato dai tre De Filippo: Eduardo, Peppino e Titina. In tempi recenti, Pino Daniele ha utilizzato, per una metafora, il quattro maggio. Spesso, l’artista partenopeo, nei suoi lavori ha rievocato vecchie tradizioni ed espressioni ormai desuete, fondendole col linguaggio moderno. Nel brano Amico mio, inserito nel 33 giri Ferryboat del 1985, per descrivere il senso di frustrazione che doveva pervadere chi era costretto a traslocare in quella data, inserisce la strofa: E ogni juorno o quatto e maggio, ‘a primmavera nun po’ arrivà, come a dire che persino la natura e l’incedere delle stagioni fa un passo indietro quando si trova al cospetto con le miserie umane. Nonostante la durata consuetudinaria del contratto sia stata sostituita da quella indicata per iscritto nei contratti, il quattro di maggio lo troviamo, oltre che nelle espressioni dialettali, anche nella raccolta di usi del Comune di Napoli e in quella della Camera di Commercio partenopea. Quasi a dispetto delle leggi sulle locazioni che impongono durate minime dei contratti, che variano a seconda della natura della locazione o dell’affitto. Anche il viceré Don Pedro Fernandez de Castro ha lasciato il segno e non solo per il quattro maggio. Di lui resta una targa commemorativa a Ponte a Selice, presso Capua, nella zona dei Regi Lagni, l’opera di canalizzazione delle acque del fiume Clanio tra Castel Volturno e Villa Literno, da lui fortemente voluta per bonificare la pianura del Volturno. Insomma la tradizione artistica napoletana rivela sempre riferimenti e coincidenze con l’attualità e anche la scelta del 4 maggio come l’inizio di una nuova fase per sconfiggere il dramma covid19 non poteva mancare nell’immaginario storico di una città che ha sempre una parola, una canzone, un dramma buoni per ogni occasione.