Ercolano. C’è il candidato sonoramente sconfitto alle elezioni del 2015, indirettamente riuscito – durante i cinque anni di mandato del «rivale» Ciro Buonajuto – a «partecipare» grazie alle importanti parentele alle politiche sociali non solo della città degli Scavi. Alle sue spalle c’è la candidata capace di guidare, in termini di preferenze, la lista dei fuoriusciti Pd alle passate amministrative successivamente tornata all’ovile e passata in maggioranza salvo poi schierarsi apertamente contro il primo cittadino una volta subodorata la possibilità di potere ambire a un «posto al sole» alla guida dei dissidenti. Poi c’è l’avvocato «inventato» politico da un’intuizione del baby Renzi del Vesuviano, diventato uno dei nemici giurati dell’attuale capo della squadra di governo cittadino. A chiudere il cerchio, la rivelazione dell’ultima corsa al voto – seconda eletta nel Pd da rappresentante della «società civile» – inizialmente fedelissima di Ciro Buonajuto prima di passare all’opposizione con l’obiettivo di mettere in piedi un progetto per preparare la scalata alla poltrona da numero uno di corso Resina.
Sono le acque – decisamente agitate – in cui naviga, a vista, il Pd di Ercolano. Pronto a dichiarare ufficialmente guerra all’attuale primo cittadino – passato, lo scorso inverno, alla corte di Italia Viva – lanciato verso una scontata candidatura-bis alla carica di sindaco. Acqua così agitate che il gruppo consiliare, al primo braccio di ferro per fare fuori il sindaco a 4 mesi dal voto, si è trovato quattro consiglieri comunali e un assessore (Carmela Saulino) auto-sospesi. Non propriamente un inizio incoraggiante per il partito dei disastri, costretto negli ultimi 5 anni a cambiare due segretari cittadini che in comune hanno avuto solo la capacità di diventare acerrimi nemici della fascia tricolore. Si tratta di Piero Sabbarese e Luigi Luciani, due sostenitori-chiave della candidatura di Ciro Buonajuto nel 2015 e fautori dello strappo con la vecchia guardia capitanata dal candidato sindaco Antonio Liberti – pronto a prendere il posto di Vincenzo Strazzullo, tagliato fuori da un’inchiesta a orologeria – e da Antonietta Garzia, prima e unica eletta nella «lista pezzotto» del Pd, la civica Partecipazione Democrazia, affidabile al punto da essere stata capace di «fare le scarpe» perfino all’ex alleato di sempre Lino Vitiello grazie a cui era stata per cinque anni assessore con Nino Daniele.
Guarda caso proprio Luigi Luciani, Antonio Liberti e Antonietta Garzia sono i «nomi d’oro» su cui il Pd è pronto a scommettere per provare a evitare la riconferma del «nemico». Tutti, al momento, apparentemente deboli: Luigi Luciani è risaputo come sia stata un’invenzione dell’allora candidato sindaco che sull’avvocato – oggi innamorato della politica, nel senso letterale del termine – aveva scommesso in prima persona. Antonio Liberti, un passato da presidente del consiglio con Luisa Bossa e da assessore con Nino Daniele e Vincenzo Strazzullo e un presente a inseguire il sogno di una ricandidatura dopo la disfatta del 2015, vivendo all’ombra di parenti attivissimi nella gestione del welfare. Antonietta Garzia poi non è più la “miss 868 voti”, avendo – durante i 5 anni passati a «ballare» tra i banchi del consiglio comunale – perso la partnership politica con Lino Vitiello e la forza elettorale del padre, ex vigile urbano finito insieme a una trentina di colleghi al centro di un’inchiesta su presunti fannulloni al comando di polizia municipale.
Infine c’è Colomba Formisano – seconda eletta Pd nel 2015 in accoppiata con Luigi Simeone – ombra di Ciro Buonajuto per i primi tre anni, poi decisa a fare la guerra al sindaco fino a passare all’opposizione con il proposito di portare avanti un progetto civico personale. Civico, perché Colomba Formisano ha più volte rivendicato di non essere tesserata Pd. Insomma, non propriamente il migliore dei biglietti da visita per lo storico colosso del centrosinistra all’ombra del Vesuvio. Oggi trasformato in un gigante d’argilla, da cui sono già in fuga vari pezzi da Novanta. E alla prova delle urne mancano solo quattro mesi.
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