Torre del Greco. L’ultima determina di pagamento è stata firmata lo scorso 14 maggio, quando Andrea Formisano – ex comandante della polizia municipale e attuale dirigente del settore politiche sociali del Comune – ha liquidato 3.000 euro e spiccioli alla cooperativa sociale Domi Group per l’assistenza domiciliare garantita a 9 anziani non autosufficienti durante il mese di marzo. Un provvedimento di routine, se non fosse per la spada di Damocle pendente sul capo del parente del sindaco Giovanni Palomba. Ovvero la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura di Napoli Nord per la «disinvolta» gestione del centro anti-violenza del Comune, tegola giudiziaria «condivisa» proprio con Rosaria Dell’Aversana – legale rappresentante della Domi Group – e Alessandro Pennetta, titolare della cooperativa sociale Ferrante-Aporti.
I dubbi della maggioranza
A sollevare l’ennesimo polverone politico a palazzo Baronale era stato, a inizio maggio, il politico-ultrà Pasquale Brancaccio. Pronto a chiedere di rilevare – in una missiva inviata al segretario generale Pasquale Incarnato, responsabile della trasparenza e dell’anti-corruzione a palazzo Baronale – l’eventuale «sussistenza di cause di conflitto di interesse in capo al dirigente del settore politiche sociali Andrea Formisano con riguardo alla cooperativa sociale Domi Group». Un dubbio legato a un apposito articolo della legge 241 del 1990 secondo cui «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti all’adozione di pareti, valutazioni tecniche e provvedimenti si devono astenere in caso di conflitto di interessi anche solo potenziale». Insomma, esattamente lo scenario in cui si troverebbero attualmente Andrea Formisano e Rosaria Dell’Aversana. E le liquidazioni «a rischio» potrebbero successivamente finire sotto i riflettori della Corte dei Conti di Napoli.
Il prolungato silenzio
Uno spauracchio di cui Andrea Formisano e il segretario generale Pasquale Incarnato – ereditato da Giovanni Palomba dalla «gestione» dell’ex commissario straordinario Giacomo Barbato – non sembrano, evidentemente, avere paura. Perché – a distanza di venti giorni dalla segnalazione arrivata dal capogruppo della lista civica Il Cittadino – non solo non sono arrivate risposte ufficiali alla richiesta di chiarimenti sulla sussistenza di conflitti di interesse, ma non è stata neanche avviata «la verifica sull’attivazione delle procedure di recupero di somme per l’affidamento di ulteriori servizi avvenuti in maniera non regolare». Una potenziale «bomba» destinata a deflagrare la prossima settimana, quando il nodo-welfare finirà direttamente sulla scrivania del leader della carovana del buongoverno: «Il silenzio del dirigente alle politiche sociali e del segretario generale è gravissimo – tuona Pasquale Brancaccio -. La sussistenza di conflitti di interesse rischia di costare carissima al Comune». Eppure, nulla si è mosso dal 5 maggio.
L’ipotesi dimissioni
Davanti all’affondo di Pasquale Brancaccio – arrivato all’indomani della lite con l’assessore Luisa Refuto – l’ex comandante della polizia municipale era arrivato a valutare l’ipotesi di firmare la lettera di dimissioni. Poi rimasta in qualche cassetto. Così come la risposta ai dubbi sollevati dal politico-ultrà.
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