E’ una delle città con la più alta densità di esercizi commerciali stritolati dal racket. Le inchieste degli ultimi anni, le continue spallate ai clan di camorra del territorio e gli arresti sempre più frequenti nel – vano sinora – tentativo di smantellare un sistema che sembra essere entrato nel tessuto sociale, hanno descritto San Giuseppe Vesuviano come una delle città maggiorente sfruttate dalla camorra. Che in un territorio ad elevata vocazione commerciale, grazie al pizzo ha realizzato un impero. Come il clan Fabbrocino, che come testimoniano le inchieste degli ultimi vent’anni s’è specializzato in questo tipo di attività. Eppure in questo angolo di provincia, dove negozi cominciano a chiudere con una frequenza preoccupante e dove le aziende scappano via per evitare di avere a che fare con i clan del territorio, manca uno sportello per la lotta al racket. Sulla carta tutti sono impegnati nella battaglia per arrestare il fenomeno delle estorsioni ai commercianti, nei fatti non c’è mai stato neanche un ufficio in grado di raccogliere le testimonianze – anche quelle anonime – di chi intende sollevare il coperchio su uno dei mali più profondi di questa terra. Eppure agli atti del Comune sangiuseppese c’è una delibera di giunta, uno degli ultimi provvedimenti firmati durante il primo mandato del sindaco, Vincenzo Catapano, che impegna l’Ente ad avviare le procedure per attivare una convenzione con un’associazione impegnata in questo tipo di attività al fine di aprire uno sportello anti-usura e anti-racket sul territorio. Un segnale importante per fronteggiare un’emergenza che s’è radicata negli anni e che per molti dei commercianti sangiuseppesi è diventata una triste normalità. Parte integrante della routine.Ma quella delibera, del febbraio di due anni fa, è finita nel nulla. Chiusa in un cassetto. Come tutto il progetto del resto. Dimenticata da tutti, contribuendo a trasformare la guerra al racket in una grande beffa. Il caso è emerso nel corso dell’ultimo consiglio comunale, dove un’interpellanza presentata dall’ex presidente del consiglio cittadino, Nello De Lorenzo, oggi seduto tra i banchi della minoranza, sollevava il caso proprio sulla mancanza di provvedimenti tesi a dar seguito a quella delibera. «Oggi non se ne sa più nulla, eppure doveva essere una bandiera dell’attuale amministrazione comunale. Invece ci siamo dimenticati anche della lotta contro il racket», le parole dell’ex fedelissimo di Catapano che alle elezioni del 2018 ha cambiato squadra. Parole che non hanno fatto breccia nel muro di una maggioranza di gomma, in grado di assorbire tutto. Nelle prossime sedute, come rassicurato dall’attuale capo dell’assise, Andrea Ementato, il problema verrà formalmente affrontato e all’interpellanza seguirà una risposta da parte dei vertici dell’Ente di piazza Elena d’Aosta che da giorni si sono messi a lavoro per fare il punto della situazione sulla «delibera dimenticata». Eppure in passato le istituzioni locali si sono sempre attivate per «incoraggiare» gli imprenditori stritolati dalla criminalità organizzata a denunciare. Particolare è un’iniziativa adottata dalla commissione straordinaria – subentrata dopo lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche – che tra il 2011 e il 2012 lanciò l’iniziativa: «Se denunci il racket, niente tasse per tre anni».
Paesi Vesuviani
17 luglio 2020
San Giuseppe Vesuviano. Lo sportello anti-racket dimenticato, la lotta alle estorsioni è una beffa