Loro sono gli irriducibili. Un po’ perché lo hanno scelto, un po’ perché lo ha imposto il Governo quando ha stabilito le categorie commerciali che dovevano restare aperte. Edicolanti, mercerie, alimentari , rivenditori di frutta e verdura. Se possono escono dai negozi che, pur aperti, sono quasi sempre irrimediabilmente vuoti. “Perché la gente ci vuole vedere mentre lavoriamo. E’ tristissimo vedere le strade delle nostre città irrimediabilmente deserte e vuote” spiegano. C’è l’edicolante che, ogni mattina, compie il suo rito. Prende le locandine dei quotidiani e le mette all’esterno. Poi spacchetta i pacchi dei giornali e attende i clienti: “Purtroppo le notizie sono sempre quelle del virus, ma è bello vede come anche in un momento del genere la gente vuole informarsi e vuole saperne di più. Lo facessero anche in tempi normali” si lascia andare l’edicolante. La mascherina è un accessorio necessario: la porta il conducente di bus che, in giorni come questi, viaggia quasi da solo. Gli utenti si siedono distanti, evitano chiacchiere e anche sguardi: “Ma passerà” dice l’autista mostrando il pollice alto. Ci sono poi gli alimentari: salumerie, fruttivendoli e macellerie che resistono nonostante gli affari non siano quelli di un tempo. “La verità – dicono tristi – è che qui svolgiamo un ruolo quasi di supporto sociale. Vengono anziani, vecchiette sole che insieme alla spesa vogliono anche qualche parola di conforto. E noi siamo pronti a parlare con loro”. Anche i dipendenti dei market non tremano davanti all’emergenza: “Siamo qui, chiusi nelle nostre strutture. A volte ci mancano anche le file davanti alle casse visto che dobbiamo far entrare tutti uno alla volta. Però, siamo felici di lavorare e di dare una mano”. Anche i titolari delle attività che vendono profumi e detersivi sono in prima linea. “Noi siamo qui, ma non vediamo l’ora che tutto questo finisca. Un centro commerciale naturale è anche una grande famiglia. E i fratelli ci mancano tanto”.
Loro sono gli irriducibili. Un po’ perché lo hanno scelto, un po’ perché lo ha imposto il Governo quando ha stabilito le categorie commerciali che dovevano restare aperte. Edicolanti, mercerie, alimentari , rivenditori di frutta e verdura. Se possono escono dai negozi che, pur aperti, sono quasi sempre irrimediabilmente vuoti. “Perché la gente ci vuole vedere mentre lavoriamo. E’ tristissimo vedere le strade delle nostre città irrimediabilmente deserte e vuote” spiegano. C’è l’edicolante che, ogni mattina, compie il suo rito. Prende le locandine dei quotidiani e le mette all’esterno. Poi spacchetta i pacchi dei giornali e attende i clienti: “Purtroppo le notizie sono sempre quelle del virus, ma è bello vede come anche in un momento del genere la gente vuole informarsi e vuole saperne di più. Lo facessero anche in tempi normali” si lascia andare l’edicolante. La mascherina è un accessorio necessario: la porta il conducente di bus che, in giorni come questi, viaggia quasi da solo. Gli utenti si siedono distanti, evitano chiacchiere e anche sguardi: “Ma passerà” dice l’autista mostrando il pollice alto. Ci sono poi gli alimentari: salumerie, fruttivendoli e macellerie che resistono nonostante gli affari non siano quelli di un tempo. “La verità – dicono tristi – è che qui svolgiamo un ruolo quasi di supporto sociale. Vengono anziani, vecchiette sole che insieme alla spesa vogliono anche qualche parola di conforto. E noi siamo pronti a parlare con loro”. Anche i dipendenti dei market non tremano davanti all’emergenza: “Siamo qui, chiusi nelle nostre strutture. A volte ci mancano anche le file davanti alle casse visto che dobbiamo far entrare tutti uno alla volta. Però, siamo felici di lavorare e di dare una mano”. Anche i titolari delle attività che vendono profumi e detersivi sono in prima linea. “Noi siamo qui, ma non vediamo l’ora che tutto questo finisca. Un centro commerciale naturale è anche una grande famiglia. E i fratelli ci mancano tanto”.
Loro sono gli irriducibili. Un po’ perché lo hanno scelto, un po’ perché lo ha imposto il Governo quando ha stabilito le categorie commerciali che dovevano restare aperte. Edicolanti, mercerie, alimentari , rivenditori di frutta e verdura. Se possono escono dai negozi che, pur aperti, sono quasi sempre irrimediabilmente vuoti. “Perché la gente ci vuole vedere mentre lavoriamo. E’ tristissimo vedere le strade delle nostre città irrimediabilmente deserte e vuote” spiegano. C’è l’edicolante che, ogni mattina, compie il suo rito. Prende le locandine dei quotidiani e le mette all’esterno. Poi spacchetta i pacchi dei giornali e attende i clienti: “Purtroppo le notizie sono sempre quelle del virus, ma è bello vede come anche in un momento del genere la gente vuole informarsi e vuole saperne di più. Lo facessero anche in tempi normali” si lascia andare l’edicolante. La mascherina è un accessorio necessario: la porta il conducente di bus che, in giorni come questi, viaggia quasi da solo. Gli utenti si siedono distanti, evitano chiacchiere e anche sguardi: “Ma passerà” dice l’autista mostrando il pollice alto. Ci sono poi gli alimentari: salumerie, fruttivendoli e macellerie che resistono nonostante gli affari non siano quelli di un tempo. “La verità – dicono tristi – è che qui svolgiamo un ruolo quasi di supporto sociale. Vengono anziani, vecchiette sole che insieme alla spesa vogliono anche qualche parola di conforto. E noi siamo pronti a parlare con loro”. Anche i dipendenti dei market non tremano davanti all’emergenza: “Siamo qui, chiusi nelle nostre strutture. A volte ci mancano anche le file davanti alle casse visto che dobbiamo far entrare tutti uno alla volta. Però, siamo felici di lavorare e di dare una mano”. Anche i titolari delle attività che vendono profumi e detersivi sono in prima linea. “Noi siamo qui, ma non vediamo l’ora che tutto questo finisca. Un centro commerciale naturale è anche una grande famiglia. E i fratelli ci mancano tanto”.
Loro sono gli irriducibili. Un po’ perché lo hanno scelto, un po’ perché lo ha imposto il Governo quando ha stabilito le categorie commerciali che dovevano restare aperte. Edicolanti, mercerie, alimentari , rivenditori di frutta e verdura. Se possono escono dai negozi che, pur aperti, sono quasi sempre irrimediabilmente vuoti. “Perché la gente ci vuole vedere mentre lavoriamo. E’ tristissimo vedere le strade delle nostre città irrimediabilmente deserte e vuote” spiegano. C’è l’edicolante che, ogni mattina, compie il suo rito. Prende le locandine dei quotidiani e le mette all’esterno. Poi spacchetta i pacchi dei giornali e attende i clienti: “Purtroppo le notizie sono sempre quelle del virus, ma è bello vede come anche in un momento del genere la gente vuole informarsi e vuole saperne di più. Lo facessero anche in tempi normali” si lascia andare l’edicolante. La mascherina è un accessorio necessario: la porta il conducente di bus che, in giorni come questi, viaggia quasi da solo. Gli utenti si siedono distanti, evitano chiacchiere e anche sguardi: “Ma passerà” dice l’autista mostrando il pollice alto. Ci sono poi gli alimentari: salumerie, fruttivendoli e macellerie che resistono nonostante gli affari non siano quelli di un tempo. “La verità – dicono tristi – è che qui svolgiamo un ruolo quasi di supporto sociale. Vengono anziani, vecchiette sole che insieme alla spesa vogliono anche qualche parola di conforto. E noi siamo pronti a parlare con loro”. Anche i dipendenti dei market non tremano davanti all’emergenza: “Siamo qui, chiusi nelle nostre strutture. A volte ci mancano anche le file davanti alle casse visto che dobbiamo far entrare tutti uno alla volta. Però, siamo felici di lavorare e di dare una mano”. Anche i titolari delle attività che vendono profumi e detersivi sono in prima linea. “Noi siamo qui, ma non vediamo l’ora che tutto questo finisca. Un centro commerciale naturale è anche una grande famiglia. E i fratelli ci mancano tanto”.
Loro sono gli irriducibili. Un po’ perché lo hanno scelto, un po’ perché lo ha imposto il Governo quando ha stabilito le categorie commerciali che dovevano restare aperte. Edicolanti, mercerie, alimentari , rivenditori di frutta e verdura. Se possono escono dai negozi che, pur aperti, sono quasi sempre irrimediabilmente vuoti. “Perché la gente ci vuole vedere mentre lavoriamo. E’ tristissimo vedere le strade delle nostre città irrimediabilmente deserte e vuote” spiegano. C’è l’edicolante che, ogni mattina, compie il suo rito. Prende le locandine dei quotidiani e le mette all’esterno. Poi spacchetta i pacchi dei giornali e attende i clienti: “Purtroppo le notizie sono sempre quelle del virus, ma è bello vede come anche in un momento del genere la gente vuole informarsi e vuole saperne di più. Lo facessero anche in tempi normali” si lascia andare l’edicolante. La mascherina è un accessorio necessario: la porta il conducente di bus che, in giorni come questi, viaggia quasi da solo. Gli utenti si siedono distanti, evitano chiacchiere e anche sguardi: “Ma passerà” dice l’autista mostrando il pollice alto. Ci sono poi gli alimentari: salumerie, fruttivendoli e macellerie che resistono nonostante gli affari non siano quelli di un tempo. “La verità – dicono tristi – è che qui svolgiamo un ruolo quasi di supporto sociale. Vengono anziani, vecchiette sole che insieme alla spesa vogliono anche qualche parola di conforto. E noi siamo pronti a parlare con loro”. Anche i dipendenti dei market non tremano davanti all’emergenza: “Siamo qui, chiusi nelle nostre strutture. A volte ci mancano anche le file davanti alle casse visto che dobbiamo far entrare tutti uno alla volta. Però, siamo felici di lavorare e di dare una mano”. Anche i titolari delle attività che vendono profumi e detersivi sono in prima linea. “Noi siamo qui, ma non vediamo l’ora che tutto questo finisca. Un centro commerciale naturale è anche una grande famiglia. E i fratelli ci mancano tanto”.
Loro sono gli irriducibili. Un po’ perché lo hanno scelto, un po’ perché lo ha imposto il Governo quando ha stabilito le categorie commerciali che dovevano restare aperte. Edicolanti, mercerie, alimentari , rivenditori di frutta e verdura. Se possono escono dai negozi che, pur aperti, sono quasi sempre irrimediabilmente vuoti. “Perché la gente ci vuole vedere mentre lavoriamo. E’ tristissimo vedere le strade delle nostre città irrimediabilmente deserte e vuote” spiegano. C’è l’edicolante che, ogni mattina, compie il suo rito. Prende le locandine dei quotidiani e le mette all’esterno. Poi spacchetta i pacchi dei giornali e attende i clienti: “Purtroppo le notizie sono sempre quelle del virus, ma è bello vede come anche in un momento del genere la gente vuole informarsi e vuole saperne di più. Lo facessero anche in tempi normali” si lascia andare l’edicolante. La mascherina è un accessorio necessario: la porta il conducente di bus che, in giorni come questi, viaggia quasi da solo. Gli utenti si siedono distanti, evitano chiacchiere e anche sguardi: “Ma passerà” dice l’autista mostrando il pollice alto. Ci sono poi gli alimentari: salumerie, fruttivendoli e macellerie che resistono nonostante gli affari non siano quelli di un tempo. “La verità – dicono tristi – è che qui svolgiamo un ruolo quasi di supporto sociale. Vengono anziani, vecchiette sole che insieme alla spesa vogliono anche qualche parola di conforto. E noi siamo pronti a parlare con loro”. Anche i dipendenti dei market non tremano davanti all’emergenza: “Siamo qui, chiusi nelle nostre strutture. A volte ci mancano anche le file davanti alle casse visto che dobbiamo far entrare tutti uno alla volta. Però, siamo felici di lavorare e di dare una mano”. Anche i titolari delle attività che vendono profumi e detersivi sono in prima linea. “Noi siamo qui, ma non vediamo l’ora che tutto questo finisca. Un centro commerciale naturale è anche una grande famiglia. E i fratelli ci mancano tanto”.
Loro sono gli irriducibili. Un po’ perché lo hanno scelto, un po’ perché lo ha imposto il Governo quando ha stabilito le categorie commerciali che dovevano restare aperte. Edicolanti, mercerie, alimentari , rivenditori di frutta e verdura. Se possono escono dai negozi che, pur aperti, sono quasi sempre irrimediabilmente vuoti. “Perché la gente ci vuole vedere mentre lavoriamo. E’ tristissimo vedere le strade delle nostre città irrimediabilmente deserte e vuote” spiegano. C’è l’edicolante che, ogni mattina, compie il suo rito. Prende le locandine dei quotidiani e le mette all’esterno. Poi spacchetta i pacchi dei giornali e attende i clienti: “Purtroppo le notizie sono sempre quelle del virus, ma è bello vede come anche in un momento del genere la gente vuole informarsi e vuole saperne di più. Lo facessero anche in tempi normali” si lascia andare l’edicolante. La mascherina è un accessorio necessario: la porta il conducente di bus che, in giorni come questi, viaggia quasi da solo. Gli utenti si siedono distanti, evitano chiacchiere e anche sguardi: “Ma passerà” dice l’autista mostrando il pollice alto. Ci sono poi gli alimentari: salumerie, fruttivendoli e macellerie che resistono nonostante gli affari non siano quelli di un tempo. “La verità – dicono tristi – è che qui svolgiamo un ruolo quasi di supporto sociale. Vengono anziani, vecchiette sole che insieme alla spesa vogliono anche qualche parola di conforto. E noi siamo pronti a parlare con loro”. Anche i dipendenti dei market non tremano davanti all’emergenza: “Siamo qui, chiusi nelle nostre strutture. A volte ci mancano anche le file davanti alle casse visto che dobbiamo far entrare tutti uno alla volta. Però, siamo felici di lavorare e di dare una mano”. Anche i titolari delle attività che vendono profumi e detersivi sono in prima linea. “Noi siamo qui, ma non vediamo l’ora che tutto questo finisca. Un centro commerciale naturale è anche una grande famiglia. E i fratelli ci mancano tanto”.
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